SLA: L’atroce realtà dei malati e delle loro famiglie: uno stato assente e ostile

“C’è da conquistare il diritto a una morte dignitosa, ma soprattutto c’è da conquistare il diritto a una vita che meriti di essere vissuta. Da questo punto di vista i casi sempre più frequenti di malati si SLA che rivendicano i loro diritti colpevolmente disattesi, sono un caso paradigmatico. Il poter mettere la parola fine in piena coscienza e consapevolezza a uno stato che si ritiene insopportabile e inutilmente doloroso, è solo l’anello terminale di una lunga catena: costituita da scelte e necessità quotidiane che lo Stato dovrebbe garantire e che nei fatti disattende. Come ben sa chiunque si trovi coinvolto con la SLA, questa malattia richiede assistenza continuativa e qualificata; tecnologia avanzata; sostegni concreti e psicologici. Niente di tutto questo viene garantito. Lo Stato sceglie di erogare finanziamenti a organizzazioni private e delega loro compiti che sono suoi, foraggia “residenze” che si tramutano in veri e propri ghetti per i malati di SLA, che non sono “liberi” di decidere, se lo desiderano, di poter continuare a vivere all’interno del proprio nucleo familiare. Questo perché un malato di SLA ha dei costi che solitamente una famiglia non è in grado di sostenere, e le istituzioni non se ne fanno carico. Ci sono delle precise responsabilità: l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è bloccato al 2001! Gli ausili e le protesi sono obsoleti; se il malato vuole, come suo diritto, strumenti tecnologicamente avanzati, deve pagarli di tasca propria; lo Stato inoltre non si limita a non voler garantire un’adeguata assistenza in vita; si accanisce contro il malato, impedendogli di decidere quando far uso delle macchine “salvavita”, e quando decidere di privarsene…

Questa l’atroce realtà del malato di SLA che si occulta, che si impedisce sia conosciuta e dibattuta; malati e le loro famiglie ostaggi di logiche perverse e mercantiliste, e uno Stato (e una classe politica) colpevolmente assente e indifferente. È per il diritto a una vita degna di questo nome che si deve lottare, per il diritto di tutti e di ciascuno di determinare quando non la si ritiene più degna e si vuole scrivere la parola “Fine’”.

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