Intervento Farina Coscioni al Vll Congresso online della Ass. Luca Luca Coscioni

Un po’ come chi ponendosi 100 come obiettivo, e raggiunto 50, non bada tanto all’incremento ottenuto, ma al 50 mancante.

Il dolore e la politica. Il dolore che si fa politica. Il dolore che diventa politica. Credo si possa riassumere così l’impegno e l’azione di Luca; e anche la sua “eredità”. Il dolore di chi è costretto a vivere una vita che da diritto diventa “dovere”, obbligo imposto da una volontà esterna, una condanna. E allora ecco la politica, che deve intervenire. Perché la vita deve essere libertà, facoltà, non dovere imposto, in nome di una fede o di una morale per nobili che possano essere; come vorrebbero sia, per esempio, con l’infame legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e il fine-vita, approvata al Senato, e in discussione alla Camera dei deputati.

La domanda cui rispondere è questa: la legge deve proteggere, come valore assoluto e incondizionato la mera sopravvivenza biologica, anche quando questa sopravivenza priva l’uomo della sua dignità, ne mortifica la volontà, ne umilia il corpo e l’esistere diventa un sacrificio e – appunto – un “dolore”? La Costituzione è chiara al riguardo. L’articolo 13 stabilisce che: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Per questo legittimamente malati rifiutano le cure o ne ottengono la sospensione perché non si sentono più in grado di sopportarne le conseguenze, anche se questo abbrevia la loro vita. Al credente va chiesto: in queste situazioni, in casi come quello di Eluana Englaro, cosa c’è di misericordioso nel volerla tenere ostinatamente, pervicacemente in vita? E aldilà del caso Englaro: è o no più misericordioso interrompere la sofferenza, quando questa richiesta viene chiesta? Perché opporsi all’introduzione del “testamento biologico”, con il quale il cittadino, SE VUOLE, stabilisce preliminarmente quali terapie devono o non devono essergli prestate nel caso in cui si venga a trovare in uno stato di incapacità totale o parziale di intendere e volere, nominando un fiduciario che garantisca delle sue volontà?

C’è molto da fare per riuscire ad affermare le ragioni delle coscienze libere, sulla vita e la morte, la malattia e la speranza di guarigione, liberate dal senso di colpa e dal peccato. Sono coscienze che disturbano, la cui forza si vuole arginare per paura che le acque della ragione travolgano le palafitte dell’assolutismo e dell’ignoranza. Sul nostro Paese, infatti, incombe un inquietante, pericoloso integralismo antidemocratico e antiliberale.

Abbiamo saputo operare bene e con efficacia in questi mesi: nel paese, con numerose, importanti e qualificanti iniziative. Non ripeterò cose già dette da altri. Assieme alla “gamba” militante, diciamo così tra la gente e con la gente, c’è l’altra “gamba”, non meno rilevante, quella parlamentare, dove abbiamo cercato di assicurare un lavoro prezioso, anche se spesso silenziato e ignorato. Per una difficoltà oggettiva: non siamo gruppo parlamentare, ma “delegazione” all’interno del PD, con tutti i limiti e le difficoltà che la cosa comporta; va poi messo in conto che l’informazione scritta e parlata è quella che è, attenta a mille gossip e raramente ai fatti sostanziali che incidono sulla quotidiana vita di tutti i giorni; e poi, una quota parte anche alle nostre carenze e limiti: siamo quelli che siamo, non perché abbiamo una tessera in tasca siamo per questo super-uomini e super-donne, anche noi facciamo errori, siamo colpevoli di lacune.

Penso alla quantità di interrogazioni presentate, proprio in linea con i nostri assunti congressuali, con quella che è un po’ la bandiera della nostra associazione: dal corpo del malato al cuore della politica. Ho per esempio, presentato oltre centocinquanta interrogazioni al ministro della Salute, chiedendogli conto delle condizioni sanitarie da “quarto-quinto” mondo nelle carceri italiane, alla situazione negli ospedali; dagli incredibili sprechi legati alla Sanità, alle questioni legate alla libertà di ricerca scientifica ostacolata nel nostro paese in ogni modo. Ne sanno qualcosa le nostre amiche Elena Cattaneo, Elisabetta Cerbai e Silvia Garagna, costrette a presentare ricorso per opporsi alla decisione del Governo italiano di escludere le cellule staminali embrionali umane dal bando di finanziamento nel campo della biologia delle cellule staminali; e questo proprio in un momento in cui il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, tra i suoi primi atti, firmava il provvedimento che revocava il precedente divieto imposto dal predecessore George W. Bush, che in omaggio a una visione ideologica e fondamentalista escludeva quel tipo di ricerca dai finanziamenti statali.

O la vicenda dell’Ebri, l’istituto di ricerca sul cervello di indiscutibile eccellenza voluto e animato dal premio Nobel Rita Levi Montalcini che rischiava lo sfratto per mere questioni burocratiche; per non dire dei casi specifici di malati che diventano emblematici di una situazione tutt’altro che isolata: cito un caso tra i tanti, quello che ha visto per protagonista-vittima il nostro compagno Gustavo Fraticelli e la sua odissea per poter partecipare il 19 giugno scorso all’assemblea radicale di Chianciano: i problemi che ha dovuto affrontare con le Ferrovie italiane sono evidentemente i problemi che devono affrontare e vivere centinaia, migliaia di persone che si trovano nelle condizioni di Gustavo; ma potrei citare anche il lavoro con i compagni di Cremona, sui veri e propri attentati alla salute della collettività, provocati da un non corretto smaltimento dell’amianto o la presenza di fabbriche inquinanti con le loro velenose immissioni. Ho parlato di Cremona, ma ci siamo occupati di quanto accade anche a Melfi, in Calabria, a Gela in Sicilia…

Oppure le altre nostre iniziative parlamentari. Come l’importante ordine del giorno accolto dal governo in Commissione trasporti, per l’effettiva adozione in Italia del modello di Contrassegno unificato disabili europeo per la circolazione e la sosta veicolare previsto dalla raccomandazione del Consiglio d’ Europa, adeguando la figura del Contrassegno invalidi;

O la proposta di legge per la modifica delle norme che regolano le procedure di selezione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Sui giornali leggiamo ogni giorno delle intenzioni e dei proclami del ministro Brunetta per l’efficienza, il merito e contro i “fannulloni”. Bene: basterebbe approvare quella nostra proposta di legge, e – almeno nel mondo della Sanità – si farebbe un enorme passo in avanti. Ricordo che non molto tempo fa un settimanale, “L’Espresso”, pubblicò – senza che tale pubblicazione provocasse alcuna reazione indignata dei soggetti interessati – una tabella con la suddivisione, regione per regione, dei 277 direttori generali della Sanità secondo l’area politica di appartenenza. L’occupazione da parte della partitocrazia di qualsiasi posto pubblico raggiunge nel campo sanitario il suo apice e provoca gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti: strutture complesse e costose come le aziende sanitarie locali e ospedaliere a persone designate dalle rispettive giunte regionali non per le loro capacità manageriali, quanto per il loro grado di acquiescenza ai politici, accade poi quello che accade. I casi più eclatanti sono quelli emersi a proposito delle vicende pugliesi, o quelle che ho denunciato a proposito di quanto accaduto in Calabria: ricoveri banali rimborsati come urgenti; forniture gonfiate, imbrogli di ogni tipo documentati dalla Guardia di Finanza che ha accertato raggiri per 137 milioni di euro in tre anni e danni per il Fisco per quasi 500 milioni di euro.

L’attività parlamentare credo sia essenziale, non solo utile; e dobbiamo anzi trovare modi, sistemi, risorse per ulteriormente allargare il nostro spettro d’azione e di intervento. Ma chi ne parla? Chi conosce la nostra quotidiana, incessante, azione di controllo, denuncia, vigilanza?

Quella della conoscenza, dell’informazione, del sapere è forse la madre di tutti i nostri problemi. “Agenda Coscioni”, il sito, la trasmissione “Il maratoneta” a Radio Radicale, per quanto preziose, da sole non bastano, non sono sufficienti, per quanto noi li si possa perfezionare.

E’ necessario organizzare un’azione politica volta a intensificare gli sforzi di una resistenza sistematica, laica e nonviolenta, urgente e non procrastinabile. E’ questo il compito dell’Associazione: il “luogo” di riflessione e di azione per rispondere alle attese di chi oggi non si riconosce in questo stato di cose e ci chiede di porre le basi di una speranza di vita e di vite altrimenti destinate a essere soffocate.

In questi anni a fianco di Marco Pannella, Emma Bonino, dei radicali, credo di aver imparato che la politica se vuole avere un senso, uno scopo, deve aspirare a liberare l’uomo da soprusi, dalle violenze e dalle disuguaglianze; e deve mirare all’autonomia degli individui e all’affermazione dei loro diritti inalienabili per una coscienza della libertà e della dignità umana. Nel suo “La disuguaglianza”, il premio Nobel Amartya Sen scrive che “la libertà è uno dei possibili campi di applicazione dell’eguaglianza, e l’eguaglianza è una delle possibili configurazioni della distribuzione della libertà”.

Pensiamo a quanti individui sono privati della libertà personale, della capacità di movimento, vivendo una condizione di esclusione perché senza l’uso della parola. Restituire, ripristinare conoscenze e competenze, che per Sen sono “lo strumento per riattivare la capacità di essere e fare”, restituirebbe il diritto e la libertà di esprimersi a quanti vedono sommarsi alla prigione della malattia quella dell’impossibilità di comunicare.

La storia radicale di Luca stesso, è segnata durante tutto il periodo della malattia, dall’uso della tecnologia informatica e dalla telematica per comunicare. “Certo se fossi nato prima della rivoluzione informatica e dell’avvento dei computer portatili, il mio pensiero sarebbe confinato in me…invece grazie ad una tastiera virtuale posso comporre parole , frasi..ho la possibilità di comunicare, di partecipare al dibattito politico… del resto esistono vari modi di fare e di intendere la politica…” cosi scriveva Luca.

Con l’opportunità delle elezioni on line per il Comitato dei Radicali, con la possibilità di votare attraverso internet, Luca è divenuto ancora, soggetto attivo della politica e nella politica, come prima della malattia, superando la possibile solitudine e il silenzio.

Lo ricordo per chi in quegli anni non c’era, e forse questa storia non la conosce. Nell’estate 2000 partì la campagna telematica delle elezioni on line di un terzo dei dirigenti radicali. All’interno del dibattito sul Forum dei radicali comparve un messaggio dal titolo “Lista (aperta) antiproibizionista sulla scienza, sulle droghe, sui diritti individuali, religiosi, politici, economici e sessuali”: in quel messaggio Luca raccontando la sua storia proponeva di estendere la tradizionale battaglia antiproibizionista dei radicali alla ricerca scientifica: “… L’idea di far nascere una lista antiproibizionista aperta, che potesse partecipare alle prossime elezioni online, è maturata in me anche riflettendo sulla recente decisione del Parlamento europeo di opporsi alla clonazione terapeutica. Si tratta di un atto molto grave e decisamente inaccettabile per milioni di malati, colpiti da patologie incurabili e, spesso, mortali, che evidenzia come il proibizionismo abbia nuovamente trovato, nella scienza, terreno fertile, sul quale diramare le proprie radici di morte ”. Fu un successo, se non ricordo male, 527 voti.

Al Comitato di coordinamento dei radicali del dicembre 2000 a Chianciano, Luca tenne il suo primo discorso davanti alla nuova assemblea: “…in Italia, si alzeranno le nebbie della demonizzazione e della disinformazione. E, nel fitto di queste nebbie, non sarà difficile per il governo e la maggioranza parlamentare proibire, fra le altre cose, anche la clonazione terapeutica, negando a centinaia di migliaia di malati italiani una concreta speranza di guarigione e costringendoli ad un odioso turismo sanitario”. Nove anni dopo non è cambiato molto.

Una candidatura online che segue voglio ricordarlo quella di Luca alla carica di consigliere alle regionali del 16 aprile del 2000 con la Lista Bonino. Per la raccolta delle firme per la presentazione della Lista stessa, allora ci servivano almeno 1000 firme per la provincia di Terni e solamente ad Orvieto ne avevamo raccolto 420. Luca ed io lo abbiamo considerarto un risultato straordinario tenuto anche conto della chiusura mentale dei “rupestri”(abitanti della Rupe di Orvieto).

Si dice che la salute è un diritto da tutelare in quanto tale. In astratto si può convenire. Però occorre anche domandarsi:cosa si intende per salute. Non è semplicemente il vivere; è un vivere bene. Per dirla con uno slogan che non è solo tale: più giorni alla vita, ma soprattutto più vita ai giorni. Dico questo perché voglio ricordare che un sondaggio del luglio scorso, condotto dalla SWG ha rivelato che l’81 per cento degli interpellati è favorevole alla richiesta di interruzione delle cure, quando si presentano casi come quelli di Eluana Englaro. Il Centro di Bioetica dell’Università di Milano ha condotto uno studio da cui emerge che il 3,6 per cento dei medici interpellati ha praticato l’eutanasia clandestina di nascosto; e il 42 per cento la sospensione delle cure clandestinamente, di nascosto. “Lancet”, una rivista scientifica la cui autorevolezza è universalmente riconosciuta, ha rivelato che il 23 per cento dei decessi, in Italia, è stato preceduto da una decisione medica; e che il 79,4 per cento dei medici è disposto a interrompere (di nascosto, certo) il sostentamento vitale.

E’ comprensibile, che vi sia qualcuno che non si fida di questi sondaggi, di queste cifre, di questi dati. Non resta, dunque che una strada maestra da seguire: vincere le resistenze, che ci sono, e istituire una commissione che avvii un’indagine conoscitiva sul fenomeno. Come si cura e come si muore negli ospedali e nelle cliniche italiane? Partiamo da qui, lottiamo per questo, fissiamoci anche questa tra le priorità. L’Associazione deve avere ben chiara anche questa tra le sue priorità del resto in una linea di coerenza e continuità, se è vero che il IV congresso dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che si tenne ad Orvieto nel dicembre 2005, si impegnò a chiedere a governo e Parlamento che fosse commissionata alla Federazione degli ordini dei medici una indagine conoscitiva, indipendente e anonima, sul fenomeno dell’eutanasia clandestina denunciato in quelle settimane da Umberto Veronesi: “Negli ospedali italiani l’eutanasia clandestina viene praticata. Nessuno lo confesserà mai, eppure esiste. Si allontana l’infermiera con una scusa, si aumenta un po’ la dose di morfina…Ci sono molti modi”.

Vedremo poi, se quei dati emersi dai sondaggi saranno confermati o meno, oppure se saranno smentiti, acquisiamo conoscenza e dati; sono la premessa fondamentale per poter poi agire, intervenire, tentare di governare il fenomeno. L’unica cosa che non dobbiamo e non possiamo fare, è nascondere da struzzi, la testa sotto la sabbia, e far finta che il problema non ci sia.

 

A noi tutti, dico che non dobbiamo avere paura, e che dobbiamo superare i limiti. Qualunque cosa questo significhi e comporti, per non perdere la speranza di poter costruire in Italia uno stato di diritto, liberale e federale, uno stato in cui si possa finalmente realizzare una reale e non virtuale democrazia della alternanza, uno stato e delle regioni “leggere”cioè funzionali alle necessità dei cittadini e non a quelle partitocratiche e troppo spesso clientelari degli amministratori… Ciò che vogliamo portare a termine è una vera e propria rivoluzione politica e burocratica che riconsegni le regioni ai cittadini e le sottragga alle grinfie dei partiti.

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