Riunione della Consulta ministeriale sulle malattie neuromuscolari

 

“Io vorrei chiarire alcuni aspetti generali, primo che io sono una persona che non ha paura di nulla e di nessuno, quindi se faccio le cose le faccio perché ci credo. Secondo aspetto è che io avevo un padre neurologo e mia madre è stata la presidente per anni dell’Aism di Roma e quindi queste logiche le ho vissute.

Ed è stato per questo che prima dell’estate di quest’anno, prima che si parlasse del disegno di legge sulle cure palliative come voi tutti sapete abbiamo finanziato con 100 milioni di euro negli obiettivi di piano le cure palliative e la terapia del dolore, tanto è vero che adesso di fatto non c’è urgenza del disegno di legge perché le reti di fatto ci sono, stanno partendo in 5 centri italiani e ci sono più finanziamenti rispetto a quelli messi nel disegno di legge. Non solo ma ho istituito la consulta: quindi se sono qua non è certo perché ho paura della mia cara amica Coscioni o delle cose mediatiche, non mi importa nulla. Io vado a casa domani purché sia in pace con la mia coscienza. A me di diventar ministro non mi importa nulla. Son contento tutto sommato che si sia fatto il Ministero ma io le cose le faccio se ci credo e perché ci credo. Questa è una premessa che credo doverosa. Credo però che sia importante farvela, perché io non intendo fare nessun tipo di scorciatoia, perché le scorciatoie non portano a nessuna parte. Qui bisogna affrontare il problema: il problema delle logiche complesse. Questa è la seconda consulta che noi abbiamo nell’ambito della salute: le consulte sono fatte da associazioni di persone, da parenti di persone, o persone vicine a malati che soffrono in maniera particolare; sennò non sarebbero fatte delle consulte, quindi è insito nella consulta il concetto di quel nervosismo, di quella insoddisfazione, di quelle problematiche particolari di cui parlava Filippo Palumbo, e quindi nel momento in cui ho fatto la consulta sapevo che non era di semplice gestione perché passando ad un’altra consulta, quella dell’Aids, è una consulta che ha avuto e ha al proprio interno tutta una serie di problemi, di criticità, dei rapporti delle associazioni; non parliamo delle malattie rare. Ma io l’ho voluta fare lo stesso perché così i problemi vengono alla superficie. Allora io ho molto apprezzato, veramente molto apprezzato, l’atteggiamento dell’onorevole Turco nei confronti di una serie di problemi negli ultimi mesi, perché io credo che su certe cose non bisogna, come ho riferito alle commissioni rinite di Camera e Senato, fare della ginnastica politica. Non sto dicendo onorevole Coscioni che lei sta facendo ginnastica politica; ieri ho visto alla Camera Alessandra Mussolini che aveva spesso una posizione critica da mamma nei confronti delle strategie vaccinali dell’influenza; ho detto “Alessandra non facciamo del male agli ammalati; se hai qualche problema ne parliamo, te li spiego, poi se non ti ho convinta ne vai a parlare in televisione; ma non facciamo prima le notizie stampa di avere affrontato i problemi”. Questo non va bene onorevole Coscioni, questo non è un modo per aiutare gli ammalati. È così che si fa ginnastica politica, sì. Ma non è così che si aiutano gli ammalati. Ciò premesso, cosa vogliamo fare? Anzitutto qui si pone un problema: come ha sottolineato correttamente il dottor Palumbo misto socio sanitario. La prima cosa che io mi sono preoccupato di fare è un lungo colloquio con il Ministro Sacconi in cui abbiamo messo le basi anche successivamente, sarò io ministro, non sarò io, questo è irrilevante, ho fatto delle dichiarazioni che non so se avete visto oggi nelle agenzie a riguardo su quella che è la necessità di un colloquio socio sanitario che deve continuare nell’ambito del libro bianco, nell’ambito del Welfare, che non deve interrompersi con concetto del welfare perché i cardini della risoluzione di questo problema sono da un lato i Lea, dall’altro i fondi per l’autosufficienza che sono socio e non sono sanitari. Ma se questi due canali vanno separati non si arriva da nessuna parte. Questi due aspetti vanno legati, vanno coniugati e gestiti insieme. La prima cosa che ho fatto quando di fatto il patto della salute è arrivato alla finalizzazione è vedere cosa stava succedendo ai Lea: allora di promesse ne abbiamo fatte tante. Io credo che siamo molto, molto vicini all’invio dei Lea alle stato-regioni. Molto vicini vuol dire che potrei firmarli domani o martedì. Devo avere l’ok di Errani formale, ho già avuto l’ok di Bissoni. ( se vuole firmo lunedì se ha ancora qualche chilo da perdere). Comunque l’impegno mio personale è assoluto dei Lea. I Lea non risolvono completamente la questione perché la pezza dei 10 milioni all’anno c’è comunque con gli obiettivi di piano e l’altra parte che i Lea risolvono, (non è che le sto suggerendo di finire prima lo sciopero della fame), sono messi in maniera molto più puntuali i criteri di assistenza domiciliari per cui esiste una personalizzazione ma non è che oggi non ci siano i criteri di assistenza domiciliare. Sono personalizzati meglio e funzionano meglio. Però che i Lea che mi risulta abbiano questi due vantaggi, queste due cose positive oltre le protesi, figuriamoci se io non ritengo importante il problema delle badanti che è un problema che va affrontato in maniera concreta, però questo è il socio non è il sanitario. Se le due cose non le mettiamo insieme la badante con l’assistenza domiciliare integrata, le cose poi alla fine non possono funzionare. Se i 400 milioni che il governo ha messo, e non è nulla voglio dire, perché è stata una piacevole sorpresa per tutti immagino ed è stato un lungo lavoro, è stato messo per la non autosufficienza, vengono dati a pioggia e non in modo mirato con una programmazione specifica, allora il dottor Palumbo lo sa, ne abbiamo parlato, stiamo studiando un articolato da mettere nell’emendamento del patto della salute, proprio per legarli con i Lea in modo da costruire un elemento reale, solido socio sanitario. Questo è quello che noi stiamo facendo in questo momento e lo stiamo facendo con i tempi che vi stiamo dicendo. Io non intendo fare nessuna scorciatoia al di là di questo perché non mi sembrerebbe serio. Se poi ci sono cose che possiamo seriamente fare noi le consideriamo tranquillamente. Però mi sembra che questo sia un percorso preciso. Mi sembra che questo governo per la non autosufficienza, per le cure palliative, per la terapia del dolore, abbia fatto di più dei governi precedenti perché abbiamo fatto delle cose: la consulta l’abbiamo fatta, gli obiettivi di piano per le curie palliative li abbiamo fatti, abbiamo stanziato i 400 milioni per la non autosufficienza. Quindi mi sembra che abbiamo fatto più degli altri governi, però se dobbiamo fare di più perché di più bisogna fare non è che noi ci vogliamo confrontate con altri governi; però per favore signori se ci sono dei problemi ne parliamo, io non mi sono mai rifiutato di parlare con nessuno, io non amo leggere i problemi dalle agenzie di stampa. Questo non è un modo concreto, costruttivo, produttivo di lavorare. Quindi non con questo che se lei continua a uscire con le agenzie di stampa prima di cercare un colloquio io smetto di lavorare e riduco minimamente il mio impegno, no, non è così. Ma sa perché non è così? Perché non me ne importa nulla che lei mi esca sulle agenzia di stampa”.

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