Pietro D’Amico, suicida in Svizzera da innocente

Maria Antonietta Farina Coscioni su Il Dubbio racconta la storia sconcertante del Procuratore Pietro D’Amico che ha scelto il suicidio assistito.

Il procuratore di Catanzaro Pietro D’Amico fu coinvolto nell’inchiesta Why  not? Ne uscì pulito ma qualcosa si ruppe. Poi arrivò quello strano tumore…

E una storia sconcertante. Una di quelle storie che lasciano l’amaro in bocca; è la storia è quella di un giudice, il Procuratore Generale di Catanzaro Pietro D’Amico. Comincia quasi dieci anni fa, nel 2008. L’alto magistrato si trova coinvolto in un`inchiesta che a suo tempo fece scalpore: quella “Why not? “, condotta dall`allora procuratore Luigi De Magistris. Accuse che col tempo si rivelano completamente infondate. La riabilitazione è netta, chiara; solo sospetti, tutto viene archiviato; ma D’Amico esce da questa vicenda profondamente scosso: il solo fatto che si sia potuto dubitare del suo corretto agire, lo getta in uno stato di profondo sconforto.

L’uomo, all’apparenza, è quello di sempre: sorridente, solare. Ma evidentemente qualcosa “dentro” si è rotto.

Congiunti, amici, sanno di questo “disagio”, ma non ne sospettano la profondità, la gravità di questa ferita che non riesce a rimarginarsi. Il 27 aprile 2010 Pietro  D’Amico scrive a un amico, Edoardo Anselmi: «C’è poco da capire: in una situazione come la mia, io voglio morire perché aggredito da una malattia terribile in fase avanzata e terminale».

Già: perché al magistrato, nel frattempo, è stato diagnosticato un tumore.

Pietro D’Amico matura la convinzione che è meglio farla finita con “la dolce morte” da praticare là dove è consentito: in Svizzera; meglio scegliere come e quando, piuttosto di una lunga, lenta, dolorosa agonia senza scopo e speranza. «Sto pensando», scrive, «a qualcosa di indicibile, e che nessuno può immaginare.

Vado in Svizzera poiché là c’è chi provvederà nel caso come il mio».

Leggi tutto l’articolo su Il Dubbio del 13 settembre 2017

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