Il Vaticano e la legge del peccato
in pratica a violare le leggi dello Stato; giorni fa dal Vaticano arrivava un ukase contro alcuni sacerdoti “colpevoli” di non aver condiviso la posizione assunta dalle gerarchie sul caso Englaro e il testo di legge sul testamento biologico della maggioranza: una pessima legge che non tiene conto la volontà del paziente, e contraddice il principio di libertà di cura. Quei sacerdoti hanno rivendicato il diritto di ognuno di vivere la propria vita, e di poter anche di morire in pace, «quando non c’è speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana». Li ringrazio quei sacerdoti: sono la prova che c’è un mondo di credenti sommerso, mortificato; che si vorrebbe restasse tale, ignorato; un mondo che vive con sofferenza le scelte della gerarchia; cristiani adulti, che sanno coniugare fede a misericordia, buon senso e senso buono. Intanto il Governo si affanna in rassicurazioni: fa sapere che si verificherà con rigore la compatibilità della legge sull’aborto con l’uso della pillola RU 486; e per quanto riguarda il testamento biologico conferma che non sono discutibili alimentazione e idratazione anche contro la volontà dell’interessato; il ministro Sacconi propone perfino una sorta road map per il Parlamento: immediata approvazione di quelle norme, e rinvio a soluzioni più condivise quelle relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento. Proposta inaccettabile, da rinviare al mittente.
Come sempre, è un problema di informazione. Basterebbe che ci fosse adeguata informazione da parte del servizio pubblico e tutto sarebbe diverso: l’opinione pubblica vigilerebbe e ne chiederebbe conto. Abbiamo inoltre la conferma che il problema di questo Paese è la sostanziale incapacità di saper distinguere fra legge e precetto morale; fra reato e peccato, fra pena e penitenza.
Un po’ tutti abbiamo salutato con speranza la nuova presidenza americana; bene: una delle prime cose che Obama ha fatto è di restituire alla scienza e alla libertà della ricerca il suo giusto posto e la sua autonomia. La battaglia da combattere è per la libertà della ricerca scientifica e per affermare i diritti umani fondamentali alla vita, alla salute, a una vita dignitosa fino all’ultimo istante che ciascuno considera degno di essere vissuto, scegliere di vivere senza sentirsi dire da altri: questo lo puoi o non lo puoi fare. Questa è la posta in gioco, è bene che se ne sia tutti consapevoli e coscienti.
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