Gli Ogm, l’Africa e noi

Se fossi uno dei due toast in copertina su Nature, io sarei quello che sorride. Non solo ho letto e scritto molto sugli Ogm (come firma italiana di Nature Biotechnology). Ne ho visti e toccati tanti, in serre e campi sperimentali, tra l’Enea e l’Università della Tuscia. Li ho anche mangiati, come molti di voi. Avete mai conosciuto qualcuno che abbia rinunciato ad andare negli Usa o in Brasile per evitare i cibi transgenici? Non credo. Ciononostante un intreccio di fattori politici, economici e culturali hanno spinto l’Italia e altri paesi europei a volersi fregiare dell’appellativo Ogm-free. Possiamo permettercelo (almeno per ora). I mangimi (Ogm) li importiamo senza coltivarli. E la maggioranza di noi ha (ancora) il frigo abbastanza pieno da essere poco interessata ad aumenti di produttività e riduzione dei costi di produzione. Ma mettetevi nei panni di una donna kenyota, che fatica a mettere insieme un pasto al giorno per i suoi bambini. Nel paese africano un quarto della popolazione è malnutrita, eppure il governo si è concesso il lusso di vietare l’importazione degli stessi prodotti transgenici che vengono consumati tranquillamente da oltre un decennio in America. Il problema è tutto qui: l’Europa ha esportato non tanto il suo cibo ma le sue politiche precauzionali in zone del mondo in cui c’è bisogno di innovazione agraria come del pane. Voler decidere per loro è una forma di colonialismo culturale?

Paarlberg libroDi sicuro non ha molto senso, considerato quanto diversi siamo sul piano economico, sociale, nutrizionale. I paesi in via di sviluppo dovrebbero essere lasciati liberi di elaborare autonomamente le proprie politiche sugli Ogm, scegliendo dove collocarsi tra gli estremi della libertà Usa e delle moratorie europee. Lo dice da tempo l’International Food Policy Research Institute, lo ha scritto chiaro e tondo in un bel libro l’analista di Harvard Robert Paarlberg. Ora lo afferma anche Nature, in un commento pubblicato oggi e firmato tra gli altri da Christopher Whitty (adviser scientifico del Dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale) e Monty Jones (Forum for Agricultural Research in Africa). Sgomberiamo il campo dalle rappresentazioni caricaturali: gli Ogm non salveranno il mondo. Fame e malnutrizione hanno cause complesse, che vanno oltre il disequilibrio tra crescita demografica e produzione; la distribuzione delle ricchezze è troppo, troppo ineguale. Se non hai acqua, trattori, strade, scuole, non puoi aspettarti che le sementi geneticamente modificate da sole facciano la differenza. Però proprio perché fame e malnutrizione sono problemi complessi, rinunciare anche a uno solo degli strumenti disponibili è un gesto sconsiderato. Nei paesi in via di sviluppo tanti, quasi tutti, dipendono dall’agricoltura per guadagnarsi da vivere. In qualche caso le biotecnologie convenzionali possono farcela da sole. In altri casi no.

Pagine da GM Nature 1Solo usando un transgene (Bt) i ricercatori africani sono riusciti a rendere un legume di largo consumo (il fagiolo dall’occhio) resistente all’insetto che lo attacca (Maruca vitrata). Le sperimentazioni su campo sono in corso in Burkina Faso, Ghana e Nigeria e i primi risultati sono ottimi. Quando si tratterà di decidere la commercializzazione di questo e altri prodotti, sviluppati appositamente per l’Africa da ricercatori in gran parte africani, come il mais tollerante agli stress idrici, che faremo? Se il riso arricchito di provitamina A (golden rice) è tenuto in scacco da quasi 15 anni, con sperimentazioni interminabili i cui rassicuranti risultati sembrano non bastare mai, è a causa della fattiva opposizione dei gruppi antibiotech occidentali. Anche la prossima volta saremo tentati di intervenire animati dalle migliori intenzioni, ma noi occidentali abbiamo la pancia piena e la testa farcita di ideologie contrapposte. Probabilmente faremmo bene a restare in disparte.

Alcuni link allo speciale di Nature: Gli Ogm in numeri; Suicidi, super-erbacce, contaminazioni? Vero e falso; I nuovi Ogm in arrivo sul mercato

Fonte: http://annameldolesi.wordpress.com/2013/05/02/gli-ogm-lafrica-e-noi/

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