Aborto, il Tar boccia i limiti imposti dal crociato Formigoni

Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni non l’ha presa bene. Alla bocciatura delle “sue” linee guida regionali sull’aborto, che il Tar ha dichiarato totalmente «illegittime», replica con una dichiarazione degna del principe di Salina. «Dopo la sentenza del Tar tutto rimane come prima negli ospedali lombardi», assicura, cercando di mantenere in vita, a dispetto della legge, la delibera 22 gennaio 2008 che i giudici amministrativi hanno cassato.

La sentenza, che sostanzialmente Formigoni si ostina a non riconoscere, parla molto chiaro. Intanto, spiega che «sarebbe del tutto illogico permettere che una materia tanto sensibile» come l’aborto, «possa essere disciplinata differentemente sul territorio nazionale, lasciando che siano le Regioni a individuare, ciascuna per il proprio territorio, le condizioni per l’accesso alle tecniche abortive». Poi, entra nel merito bocciando il limite perentorio, che la delibera introduceva ex novo e fissava a 22 settimane e tre giorni, oltre al quale, anche in caso di grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna, non sarebbe stato possibile in Lombardia procedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Una indicazione – hanno sottolineato i giudici amministrativi che contravveniva «alla chiara decisione del legislatore nazionale di non interferire in un giudizio volutamente riservato agli operatori» per «non imbrigliare in una disposizione legislativa parametri che possono variare a seconda delle condizioni sempre diverse», e «soprattutto del livello raggiunto dalle acquisizioni scientifiche e sperimentali in dato momento storico». Altro punto, censurato dal Tar, l’indicazione che l’accertamento dei gravi motivi psichici dovesse avvenire con la consulenza di uno psicologo o di uno psichiatra. Laddove la 194 «ha riposto piena fiducia nella capacità di valutazione dell’ostetrico-ginecologo». Insomma, la bocciatura del Tar è integrale. E dà pienamente ragione agli otto medici che con la Cgil avevano presentato ricorso rivolgendosi alla giustizia amministrativa. Ma il governatore non si rassegna. E boccia lui il Tar, spiegando che la sua delibera era solo «un atto di indirizzo». «La differenza è sostanziale perché con l’atto di indirizzo non si impone una disciplina, ma si indicano a tutti gli ospedali lombardi le migliori pratiche definite in accordo con i migliori professionisti».

E mentre Formigoni assicura che quelle «pratiche» continueranno come prima negli ospedali lombardi, il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione annuncia già la prossima crociata: «Limitare l’aborto entro e non oltre la ventesima settimana di gravidanza». Stavolta, per legge nazionale.

Mentre il segretario del Pd Lombardo Martina consiglia piuttosto di «non perdere altro tempo nell’applicazione rigorosa e totale degli impegni contenuti nella legge statale 194». Tanto più che la sentenza «è inequivocabile: il termine fissato dalla Giunta Formigoni delle 22 settimane contrasta con la legge nazionale», avverte la deputata radicale eletta nelle fila del Pd Maria Antonietta Coscioni, che denuncia: «A suo tempo avevamo debitamente avvertito, inascoltati, che si trattava di linee guida in evidente contraddizione con la legge 194 sull’aborto. Ma alle nostre interrogazioni e ai nostri atti parlamentari non è mai stata data risposta, così abbiamo dovuto attendere tre anni e l’intervento del Tar che finalmente ha ripristinato legalità e il buon senso».

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