“LA SEDAZIONE TERMINALE DI TIPO PALLIATIVO NON E’ EUTANASIA”

Il parere sulla sedazione terminale adottato l’8 febbraio 2013 dall’Ordre National des Medecins francese, secondo la SICP, dà adito a dubbi interpretativi per l’ambiguità dei termini utilizzati, poiché si uniscono parole «che fanno riferimento a sofferenze fisiche e psichiche usualmente trattabili e trattate con la sedazione terminale/palliativa con parole che fanno riferimento a procedure che sono invece tipiche dell’eutanasia (situazione clinica eccezionale, richiesta libera, ripetuta e lucida del malato, collegio di medici che valuta la situazione, decisione collegiale di effettuazione della procedura, possibilità di obiezione di coscienza del medico)».

La SICP ribadisce che «la sedazione terminale/palliativa è una terapia necessaria per conservare la dignità delle le persone che, al termine della loro vita, presentano sintomi ( dolore, fame d’aria , delirio, eccetera) che non rispondono ai consueti trattamenti; essa è pertanto non solo legittima ma anche doverosa sia sul piano etico-deontologico sia su quello legale».

 

In merito alle recenti notizie comparse sulla stampa nazionale (Corriere della sera.itStampa.itRepubblica.it del 15 febbraio 2013) in riferimento al  documento formulato dall’Ordine Nazionale del Medici francese dell’8 febbraio (“Fin de vie, assistance a mourir”) la SICP puntualizza come, ancora una volta, venga utilizzata una terminologia clinica e bioetica impropria per parlare dei problemi del fine vita; in particolare si crea una notevole confusione fra eutanasia e sedazione terminale/palliativa. Peraltro, anche il testo originale  adottato dall’Ordre National des Medicins dà adito a dubbi interpretativi per l’ambiguità dei termini utilizzati in quanto al punto 2 unisce parole che fanno riferimento a sofferenze fisiche e psichiche usualmente trattabili e trattate con la sedazione terminale/palliativa con parole che fanno riferimento a procedure che sono invece tipiche dell’eutanasia (situazione clinica eccezionale, richiesta libera, ripetuta e lucida del malato, collegio di medici che valuta la situazione, decisione collegiale di effettuazione della procedura, possibilità di obiezione di coscienza del medico).
La SICP ribadisce che la sedazione terminale/palliativa è un trattamento palliativo di sintomi refrattari ai consueti trattamenti legittimo sia sul piano etico-deontologico sia su quello legale, che fa parte, da sempre, delle cure palliative.  Infatti, la sedazione terminale/palliativa è una terapia necessaria per conservare la dignità delle le persone che, al termine della loro vita, presentano sintomi ( dolore, fame d’aria , delirio, eccetera) che non rispondono ai consueti trattamenti; essa è pertanto non solo legittima ma anche doverosa sia sul piano etico-deontologico sia su quello legale.
Un’ampia letteratura internazionale e nazionale conferma la liceità etica della sedazione terminale/palliative di sintomi non altrimenti trattabili che provocano sofferenze intollerabili nel fine vita di tutti i malati affetti da malattie, oncologiche e non oncologiche, inguaribili.
La SICP rimanda al suo documento “Raccomandazioni della SICP sulla sedazione terminale/palliativa” e al programma di formazione a distanza (FAD CP) per l’approfondimento degli aspetti clinici, etici e gestionali relativi a tale trattamento. Per quanto riguarda gli aspetti etici, in estrema sintesi si ricorda che la sedazione terminale/palliativa differisce dall’eutanasia per almeno tre elementi cruciali: l’obiettivo/intenzione della procedura (ridurre o abolire la percezione della sofferenza provocata dai sintomi refrattari), i mezzi utilizzati (farmaci sedativi non letali) e per l’esito finale (riduzione della vigilanza/coscienza). Nel caso dell’eutanasia l’obiettivo/intenzione è, invece, la provocazione della morte del malato, le sostanze utilizzate sono letali per tipologia e dosaggi impiegati e l’esito è la morte indotta del malato. Un ulteriore conferma della radicale differenza fra sedazione terminale/palliativa e eutanasia è data dagli studi scientifici che ripetutamente confermano come la sedazione terminale/palliativa non riduca la sopravvivenza dei malati, potendo in vari casi prolungarla.

 

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