Luca e Marco pazzi di felicità
Anniversari e ricorrenze, spesso, si risolvono in celebrazioni retoriche, bolse, un po’ false: “vetrine”, a uso e consumo di chi magari neppure conosce la persona a cui si dice di voler rendere onore; “passerelle” dove al celebrato si attribuiscono pensieri, finalità, obiettivi, che non si è mai sognato di avere (magari, perfino, si prefigura il contrario).
Per questo cerco di essere sempre molto prudente in occasione di anniversari che riguardano mio marito Luca Coscioni: che nella sua breve vita, prima di essere stroncato dalla Sclerosi Laterale Amiotrofica, come costante ha avuto quella del rigore degli obiettivi da perseguire, dei mezzi da usare (e, ovviamente da non usare). Il suo nome, insomma, non deve costituire una comoda coperta, sotto la quale, in buona o meno buona fede, si può dire e fare tutto, e il suo contrario. Ed è per scongiurare questo rischio, che mi sforzo oggi, di continuare ad essere quell’ “uno in due” che si è saputo essere nei lunghi giorni della sua malattia.
Ancora oggi, e sono passati ben undici anni
“sento” come fosse ora, la voce spezzata dai singhiozzi di Marco Pannella che attraverso “Radio Radicale” comunica la notizia che gli avevo dato pochi minuti prima: che Luca ci aveva lasciato. Era “volato” via, finalmente libero, da quel corpo che non sentiva più suo: lui che ardentemente aveva amato la vita, con gioia, intensità, passione, e non aveva voluto escludere nessuna possibilità per poter continuare a vivere, fino all’ultimo. Per Luca era giunto finalmente il momento del sollievo, del riposo, la fine di una sofferenza crescente e inesorabile. Luca per tanti versi era simile a Marco; entrambi innamorati della vita, entrambi “pazzi di libertà”. Risento le parole di Marco: “Luca fu censurato, ci ha lasciato la forza di combattere. Luca era un leader perché era in prima linea. Era in prima linea ed è caduto. Direi che è stato ammazzato anche dalla qualità di questo paese, della sua oligarchia, che lo corrompe e lo distrugge”. Cambiamo il nome. Al posto di Luca mettiamoci Marco: per il resto non c’è da cambiare una sola parola…
Luca se n’è andato il 20 febbraio 2006
Sei anni dopo, sempre il 20 febbraio, ci ha lasciato Renato Dulbecco, il grande biologo che viene insignito del premio Nobel nel 1975 per le sue scoperte sulle interazioni fra virus tumorali e il materiale genetico della cellula.
Ecco, qui è il punto in comune tra Luca, Dulbecco, le centinaia di premi Nobel, scienziati e ricercatori con cui Luca era in contatto e che hanno sostenuto la sua battaglia e il suo impegno: la libertà di ricerca: la possibilità per scienziati e ricercatori di poter operare sostenuti e non contrastati; la possibilità di sperimentare, verificare, in modo laico e “aperto”. Luca non voleva e non cercava organizzazioni, associazioni – neppure in suo nome – simili alle tantissime esistenti di cui poco o nulla si sa circa scopi e finalità reali, e che tuttavia beneficiano di lauti finanziamenti pubblici e privati: finanziamenti utilizzati quasi sempre per il mero sostentamento della struttura stessa, e non per perseguire gli scopi ufficialmente dichiarati.
Luca voleva che le decine di scienziati e di ricercatori ancora oggi “condannati” a emigrare perché “stranieri in patria”, potessero operare liberamente in Italia
Non l’ennesima associazione per la ricerca, piuttosto la libertà di ricerca in “associazione” con tutti coloro che a questa libertà sono interessati e vogliono conquistarla. Anche per questo, da parlamentare, ho depositato una proposta di legge per l’istituzione della “Giornata nazionale per la libertà di ricerca scientifica”: per farne occasione per lanciare, pensare, riflettere, anche a livello di azione politica la scienza, il suo rapporto con il potere, la libertà di ricerca; e porre queste questioni essenziali, troppo spesso dimenticate, rimosse, ignorate, al centro di quelle che sono le dinamiche culturali, civili ed economiche della società. Sarebbe bello che questa iniziativa venisse sostenuta proprio da quelle migliaia di ricercatori costretti ad “emigrare”, e che tra i primi firmatari figurassero – faccio due nomi per tutti – personalità come Mario Capecchi o Carlo Rubbia.
Ricordare Luca pensando all’oggi. Questo, penso, ci chieda di fare. Pensare all’oggi significa lavorare con la caparbietà e la tenacia con cui lui sapeva lavorare; per gli obiettivi ancora da conseguire e per i quali si è battuto; Sono convinta che questo sia il modo giusto e buono per ricordarlo e onorarlo, fare in modo che sia ancora vivo.
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