L’OPPOSIZIONE CERCA DI TROVARE UNA LINEA OMBRA COMUNE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

Il Partito democratico prova quindi a ricostituire le fila di un discorso che si era perso e che sottolinea le piu’ forti divisioni interne. “L’appuntamento di oggi e’ un punto di partenza” commenta il capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, che si dice fiduciosa nella possibilita’ di trovare un testo condiviso sul testamento biologico. Ma le divisioni ancora ci sono e sono emerse con chiarezza anche oggi pur nella consapevolezza che dei passi avanti si sono fatti e, come ha sottolineato anche il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro, “si sono accorciate le distanze”. 
Quello che e’ certo e’ che il partito si e’ presentato a questo primo appuntamento sul tema del testamento biologico con 13 proposte di legge, 6 al Senato e 7 alla Camera ma con la volonta’ espressa di ritirare queste proposte e crearne una condivisa da tutto il partito. Il punto su cui ci sembra essere una pressocche’ unanime visione e’ la comune volonta’ di approvare delle norme per permettere ad ogni singolo individuo di decidere di interrompere i trattamenti sanitari. Il nodo, invece, su cui si e’ aperto il dibattito e’ se considerare l’alimentazione e l’idratazione artificiali come trattamento sanitario e quindi da includere, o meno, nella dichiarazione anticipata.   
Tre sono le linee delineate nel partito su questo nodo cruciale. Alcune proposte, infatti, come quella di Farina Coscioni, Poretti, Veronesi e Musi, prevedono esplicitamente che la ‘dat’ possa dare indicazioni sull’alimentazione e l’idratazione artificiali; altre, come quella di Paola Binetti e di Emanuela Baio, appoggiata anche da Andrea Sarubbi, escludono che questi trattamenti possano essere inclusi nella dichiarazione anticipata, perche’ vengono considerati come sostentamento naturale e non come trattamento clinico. Infine ci sono le posizioni maggioritarie, che fanno capo alle proposte di Ignazio Marino al Senato e di Marina Sereni alla Camera che non indicano nel dettaglio cio’ che puo’ o non puo’ far parte delle ‘dap’, lasciando che su questo aspetto sia l’individuo a prendere la decisione.
“C’e’ un diritto alla vita, non c’e’ un diritto alla morte -dichiara, ad esempio Binetti- dobbiamo sapere che una auto-determinazione sprovvista di consapevolezza in una legge puo’ tradursi in uno strumento di disagio nella nostra societa’. E’ vero che l’accanimento terapeutico non si puo’ definire per legge ma bisogna anche fare un ragionamento che prescinda dalla dimensione persecutoria”. L’esponente teodem del Pd puntualizza che “la nutrizione artificiale ha un valore simbolico, clinico e di provocazione: mangiare e bere sono legami con la vita”.
Di diversa opinione e’ Ignazio Marino che durante il seminario si e’ detto favorevole a lasciare per ora la questione dell’alimentazione artificiale alla decisione medica. “Credo -spiega- che una legge non possa prescindere dalle conoscenze scientifiche, e mi riferisco in particolar modo alla questione della nutrizione artificiale”. C’e’ poi chi, come Daniele Bosone, propone di introdurre per i medici “l’obiezione di coscienza” cosi’ da poter, in alcuni casi, non applicare la ‘dap’, “ricorrendo -magari- al comitato etico dell’ospedale”
“Al di la’ di marginalissime posizioni -afferma Finocchiaro al termine del seminario- che sono delle eccezioni, mi sembra che due anni di lavori in Senato abbiano dato un grande risultato, cioe’ sia emersa un’esigenza condivisa di fare una legge sul testamento biologico. Ovviamente ci sono ancora questioni in campo, soprattutto sulla nutrizione, ma penso che potremo arrivare ad un testo comune tra i vari gruppi del Pd di Camera e Senato. Oggi e’ solo un esordio ma mi sembra sia molto positivo”.
“Dobbiamo preservare -prosegue Finocchiaro- questo risultato dalla frammentazione. La nostra discussione deve sfociare in una decisione ormai ineludibile. Quello di oggi e’ stato un ottimo inizio ma dobbiamo tornare al punto, che durante la discussione rischia di essere smarrito”. Il punto, che la capogruppo del Pd al Senato esorta a tenere ben fisso in mente, riguarda una legge che permetta ad ogni soggetto di disporre del diritto espresso nell’articolo 32 della Costituzione, secondo cui non si puo’ subire sul proprio corpo nessun trattamento sanitario senza il proprio consenso.
Nel corso del suo intervento Soro ha proposto anche di costituire un gruppo di sintesi con sei esponenti democratici che si riuniscano periodicamente “per discutere insieme e vedere se si puo’ trovare una linea condivisa”. I nomi fatti dal capogruppo, e che sembrano essere quelli di chi effettivamente andra’ a comporre questo gruppi di lavoro, sono quelli di Ignazio Marino, Livia Turco, Paola Binetti, Daniele Bosone, Maria Antonietta Farina Coscioni e Umberto Veronesi.  

ALTRI COMMENTI

Se non si vuole lasciare ‘ogni malato sul pendio scivoloso dell’arbitrio di un giudice’, esiste ‘una sola strada: impegnarci a fare una legge’. E’ quanto scrive Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare con delega ai temi di bioetica, in un intervento pubblicato dal Giornale. Sostiene Roccella: ‘La sentenza Englaro ha semplicemente portato alla luce il lungo movimento sotterraneo che avrebbe voluto condurre all’eutanasia senza nemmeno passare dal Parlamento, solo inanellando una sentenza dopo l’altra’. Ma, secondo il sottosegretario, va affrontato ‘il nodo del consenso informato’, che va disciplinato ‘imponendo regole e garanzie’ per evitare che i malati siano esposti ‘all’arbitrio dei giudici’.   

Non tanto un cambiamento di posizione sulle questioni di ‘fine vita’ da parte della Cei; quanto la volonta’ di ‘reagire’ alla ‘infausta decisione’ della Corte di cassazione sul caso di Eluana Englaro: e’ la precisazione, in un editoriale pubblicato oggi in prima pagina e firmato da Francesco D’Agostino, ex-presidente del Comitato nazionale di bioetica e membro della Pontificia accademia per la vita, del quotidiano dei vescovi, ‘Avvenire’. Lo stesso giornale pubblica oggi, su questo stesso tema, un’intervista con l’ex-presidente della Cei, card. Camillo Ruini. Per le sue parole, Bagnasco era stato criticato soprattutto dal ‘Foglio’ di Giuliano Ferrara, a cui ‘Avvenire’ aveva gia’ reagito ieri con un editoriale in seconda pagina. ‘La cassazione – spiega D’Agostino – con un’infausta decisione, ha di fatto introdotto l’istituto del testamento biologico (e per di piu’ in forma anche verbale!) nel nostro ordinamento, alterando profondamente il principio etico e giuridico del rispetto assoluto che si deve alla vita umana’. ‘A questo – prosegue l’articolo – bisogna reagire: non certo per avallare ulteriormente in forma di legge tale pretesa, ma per negarla espressamente, nel momento stesso in cui si riconosca (come aveva a suo tempo auspicato il comitato di bioetica) il diritto dei malati a depositare in forma scritta e rigorosamente garantita…non un testamento biologico, non direttive vincolanti per i medici, ma dichiarazioni anticipate su quali, tra i diversi, possibili, leciti trattamenti sanitari di fine vita essi ritengono preferibili’. D’Agostino auspica quindi un intervento ‘saggio e innovativo del legislatore indicando limiti inderogabili’ e ricorda che ‘il cardinale ci ha dato un esempio di come la dottrina debba essere difesa sempre attraverso il riferimento all’esperienza concreta’.    

“Le forze politiche devono creare le condizioni per il varo di una legge su un tema che lacera ogni coscienza, di laici o di cattolici che siano, il tema del “fine vita”. Non si tratta solo di adempiere all’ impegno che il Parlamento si era preso di varare una legge sul testamento biologico entro dicembre, ma di cogliere e verificare subito alcuni segnali positivi che vengono dal Vaticano”. Lo sottolinea il segretario del Partito socialista, Riccardo Nencini, secondo il quale “che la situazione sia in movimento per un intervento della magistratura sul caso Englaro o per le riflessioni in corso nel mondo cattolico sulla coscienza dei diritti dell’ uomo ha una importanza relativa. Dobbiamo essere tutti impegnati a sostenere la necessita’ di legiferare sul fine vita. Di qui anche il contributo dei socialisti, che dedicano a questi temi un convegno, il prossimo 7 ottobre a Roma dal titolo ‘I padroni della vita – Il testamento biologico: l’ uomo e la sua natura’. Noi pensiamo – sottolinea ancora Nencini – che una persona deve essere libera di rifiutare cure e di disporre della propria vita e che sia dunque legittimo legiferare al riguardo e vorremmo confrontarci con i richiami della Chiesa sulla indisponibilita’ della vita umana e con i doveri del medico di ogni possibile cura del malato. Ci proponiamo anche di partire da una proposta di legge che intendiamo presentare alla riflessione di tutti in modo da avere un riferimento pratico sul quale discutere e ci fa molto piacere la disponibilita’ di persone con punti di vista diversi dal nostro a confrontarsi con noi e a trovare se possibile punti significativi di convergenza”. Al convegno socialista hanno dato la loro adesione Gennaro Acquaviva, Aldo Schiavone, la senatrice Paola Binetti, l’onorevole Carlo Casini, il dottor Giovanni Blandino, i professori Francesco Margiotta Broglio, Paola Muti, Mauro Barni.

Scienza e Vita‘ ‘sposa’ la linea di Bagnasco per una legge sul ‘fine vita’ ma dice ‘no’ al cosiddetto ‘testamento biologico’: dopo una riunione del Consiglio Esecutivo dell’associazione cattolica che si occupa di bioetica, arriva il sostegno ad una legge che ‘si ispiri a quel ‘favor vitae’ che e’ la vera matrice unificante dei valori costituzionali’. Parole in linea con quanto detto dal presidente della Cei lunedi’, nella prolusione che ha aperto i lavori del Consiglio Permanente dei vescovi italiani. In quell’occasione, Bagnasco aveva aperto ad una ‘legge sul fine vita che, riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico’. Nel suo comunicato, ‘Scienza e Vita’ traccia un identikit della legge ancora piu’ dettagliato di quello disegnato da Bagnasco: no all’eutanasia ‘in tutte le sue forme’ e all’ ‘abbandono del malato’, no all’accanimento terapeutico, no alla possibilita’ di sospendere alimentazione e idratazione dei pazienti, si’ a cure palliative e terapia del dolore cosi’ come a ‘ogni forma di assistenza e di sostegno al malato e alla sua famiglia’. Il punto chiave e’ pero’ quello del ‘valore legale’ delle dichiarazioni anticipate dei pazienti, quelle che in altri Paesi configurano quello che da noi viene abitualmente chiamato ‘testamento biologico’: su questo punto, il comunicato di ‘Scienza e Vita’ e’ piu’ sfumato e parla di ‘rafforzamento della relazione medico/paziente, basata sull’alleanza terapeutica, quale luogo in cui si collocano sia le volonta’ del paziente, dichiarate in modo ‘certo’ e ‘inequivocabile’, sia la responsabilita’ del medico, in ogni situazione clinica, di valutare in scienza e coscienza nel rispetto del bene supremo della vita’. Le parole sono quasi identiche a quelle usate dal presidente Cei, ma, significativamente, non si parla di ‘dichiarazioni’ del paziente, ma delle sue ‘volonta”, senza scendere nella questione del loro ‘valore legale’. Il desiderio di fondo, infatti, e’ quello di evitare, come precisa ancora il comunicato di ‘Scienza e Vita’ ogni spiraglio ‘ad una legge sul testamento biologico come forma di autodeterminazione quale scelta insindacabile su come e quando morire’. Che la questione sia delicata lo testimonia l’altro risultato dell’incontro dell’Associazione: il voto unanime che ha respinto le dimissioni dal Consiglio Esecutivo di Scienza e Vita di Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica dell’Universita’ cattolica. Dimissioni che erano state annunciate ai primi di agosto quando proprio Scienza e Vita aveva sembrato aprire ad una legge sul ‘testamento biologico’. Le obiezioni di Pessina erano, in quell’occasione, di due ordini, procedurale per il modo in cui era avvenuto l'(apparente) cambio di rotta, e sostanziale, sulla possibilita’ che una legge su questi temi potesse assicurare, al di la’ dei principi condivisi, la migliore tutela della dignita’ della vita. C’era chi aveva parlato di ‘spaccatura’ nell’associazione. Dopo le polemiche di quei giorni, Scienza e Vita aveva precisato il proprio ‘netto rifiuto di una ipotesi di legge sul testamento biologico’ manifestando invece la propria ‘disponibilita’ a dibattere sull’eventualita’ di una legge sulla tutela della vita umana in condizioni di malattia inguaribile o di grande disabilita”. Ancora ai primi di settembre, su questi temi, il Centro di bioetica diretto da Pessina aveva ribadito di essere ‘favorevole ad ogni dibattito e confronto sui temi legati alle dichiarazioni anticipate di trattamento’, ricordando pero’ che ‘in questi anni molte e documentate pubblicazioni hanno mostrato luci e ombre di una eventuale legislazione di merito’. Quel che e’ certo, e’ che le parole di Bagnasco hanno fatto di certo discutere molto nel mondo cattolico e non solo: le critiche piu’ dure sono arrivate dal ‘Foglio’ di Giuliano Ferrara, di solito alleato della Chiesa nelle battaglie sui temi etici, a cui oggi ha risposto ‘Avvenire’ con un editoriale e una breve ma significativa intervista del predecessore di Bagnasco alla guida della Cei, Ruini. Nessun cambiamento di rotta o apertura al testamento biologico, ha precisato il cardinale, solo la necessita’ di ‘reagire’ alla situazione nuova creatasi con la sentenza della cassazione sul caso di Eluana Englaro. Sulla stessa linea si colloca infatti anche Scienza e Vita: ‘I recenti pronunciamenti giurisprudenziali sulle questioni di ‘fine vita’ e l’orientamento del Parlamento a regolamentare la materia inducono l’Associazione a partecipare al dibattito pubblico su un’ipotesi legislativa’.    
Bene una legge sul testamento biologico, ma nel rispetto del diritto alla vita e alla salute. Questa la posizione del responsabile dell’osservatorio per la tutela e lo sviluppo dei diritti dell’Associazione Giuseppe Dossetti: i Valori (www.dossetti.it), Corrado Stillo. “Accogliamo favorevolmente – scrive Stillo in una nota – le dichiarazioni del segretario della Conferenza episcopale italiana (Cei), Angelo Bagnasco, sull’esigenza di legiferare sul fine vita, dopo le sentenze contraddittorie avute sul caso Englaro. Infatti, dopo le discutibili sentenze in contrasto tra di loro e’ indispensabile una legge che dia certezze sulla tutela della vita umana in tutte le forme di grave invalidita’, evitando decisioni equivoche di eutanasia coperta”.  Per l’associazione, “non e’ dall’umore delle Corti di giustizia che puo’ arrivare una disposizione chiara ed estendibile su tutto il territorio nazionale, sul momento piu’ delicato della vita di ogni persona. Il testamento biologico dovra’, invece, contenere disposizioni chiare e precise per evitare forme eccessive di accanimento terapeutico rispettando la volonta’ della persona che, in piena liberta’, avra’ avuto modo di manifestarsi”.  “Il diritto alla salute e il diritto alla vita – continua Stillo – sono scritti nella nostra Costituzione ed e’ bene ricordarlo al Parlamento nel momento in cui si trattera’ di esaminare e discutere il disegno di legge che, ci auguriamo, possa presto vedere la luce. Intanto – conclude – continueremo a sostenere, come sempre, il diritto intangibile alla vita ed alla dignita’ umana di ogni persona che, anche in condizioni gravissime e permanenti, ha diritto alla presa in carica del servizio sanitario nazionale.”    

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