La questione ambientale di Gela finisce in parlamento
Per sapere – quali urgenti iniziative a tutela della salute degli abitanti di Gela e del patrimonio ambientale i Ministri interrogati intendano adottare, promuovere e sollecitare per quanto di propria competenza; in particolare, se non si ritenga urgente e necessario operare affinché sia acclarato l’iter delle attività di bonifica, anche sollecitando un celere iter delle conferenze istruttorie, anche perché l’arsenico è un composto che non rimane a lungo nel corpo e le grandi quantità trovate dimostrano che l’esposizione è tuttora in corso.
L’area di Gela – si legge nell’interrogazione – da tempo è nota per i mostruosi tassi di malformazioni e di tumori; recentemente l’Organizzazione mondiale della sanità ha scoperto che nelle vene degli abitanti di Gela scorre anche arsenico. Il biomonitoraggio effettuato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) è durato mesi, e ha dato risultati scioccanti: il sangue del 20 per cento del campione, composto in tutto da 262 persone, è risultato pieno di veleno; oltre all’arsenico ci sono tracce di rame, piombo, cadmio e mercurio; non si tratta di operai esposti sul lavoro, ma di casalinghe, impiegati, giovani sotto i 44 anni, residenti a Gela, e nelle vicine città di Niscemi e di Butera. Nelle loro urine sono stati trovati livelli di arsenico superiori del 1.600 per cento al tasso-limite. Facendo una proporzione sul totale dei residenti, a rischio avvelenamento potrebbero trovarsi più di 20 mila persone; «nell’area in studio», si legge nel rapporto pubblicato su «Epidemiologia&Prevenzione», «si osserva una mortalità generale per tutti i tumori significativamente più elevata, sia negli uomini sia nelle donne». Il boom riguarda il cancro alla pleura, ai bronchi e ai polmoni, con eccessi di patologie per lo stomaco, la laringe, il colon e il retto. Un disastro sanitario che è evidente anche nelle tabelle sulle malattie generiche, con troppi ricoveri per malattie psichiatriche e avvelenamenti;
che la situazione a Gela sia drammatica sembra provarlo anche un’altro report firmato dall’Istituto superiore di sanità: tra i lavoratori del petrolchimico, i più a rischio sono quelli che, finito il turno, tornano a casa in città. I pendolari non residenti hanno tassi di mortalità per cancro polmonare molto più bassi; per la prima volta gli scienziati hanno in mano un potenziale nesso tra inquinamento del territorio e mortalità in eccesso. Un legame che dovrebbe indurre le istituzioni a intervenire con urgenza, mettendo in campo politiche di prevenzione più efficaci: anche se non sappiamo ancora il tipo di arsenico che circola nel corpo dei gelesi (quello inorganico è cancerogeno, quello organico è tossico, ma assai meno pericoloso), gli scienziati chiedono subito maggiori controlli sugli alimenti, in particolare su verdure, pesci e crostacei; Fabrizio Bianchi, epidemiologo del Cnr, che ha coordinato la ricerca ha dichiarato: «L’impatto ambientale è indubitabile. In mare, nelle acque, sulla terra ci sono concentrazione di metalli superiori fino a un milione di volte i livelli accettabili. L’arsenico non era già presente in forme naturali, come dice qualcuno, ma è stato immesso dall’uomo. La «pistola fumante»? Diciamo che abbiamo trovato i proiettili, ora dobbiamo capire chi ha sparato» (dichiarazione rilasciata al settimanale L’Espresso il 6 agosto 2009); attualmente a Gela è attiva la grande raffineria dell’Eni, ma nell’area per decenni hanno fabbricato clorosoda, acido cloridrico e altri prodotti chimici. Le bonifiche già partite sono poche, la stragrande maggioranza dei veleni resta a terra.
Fonte: tg10
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