J-Ax e Pannella, la strana coppia che si batte per l’amnistia

Immaginate un politico di 81 anni, militante da 60, che si racconta. E un rapper di 39, in carriera più o meno da 20, che approva come fossero post su Facebook. Pannella sta a J-Ax come il Faraone sta al terzino della Sampdoria nel monologo di Benigni sul Giudizio Universale: «Io sono egiziano, faraone». «Ma in che squadra giocavi, che serie?». Insomma: che si dicono? Che cosa hanno in comune? Poco, sulla carta. Uno a vent’anni fondava il Partito radicale, l’altro il duo rap degli Articolo 31. Uno combatteva varie battaglie sociali, tra cui quella antiproibizionista, l’altro iniziava a farsi le canne. Oggi, però, i due sono uniti dalla stessa idea: la richiesta di amnistia «per consentire l’amministrazione della giustizia e riportare le carceri nella legalità». Uno la sta combattendo con l’ennesimo sciopero della fame («Non so quanti ne ho fatti, so solo che una volta ho digiunato per 90 giorni di seguito, ma si può arrivare a 120»), l’altro da ogni palco su cui sale (l’ultimo, quello degli Mtv Days a Torino, lo scorso luglio), dove ricorda la battaglia antiproibizionista e la sua posizione contro la legge Fini-Giovanardi («che intasa le carceri con i poveri cristi che hanno due canne in tasca, o una pianta di marijuana sul balcone»).

Per primo arriva J-Ax. Ha una valigia con dentro qualche T-shirt, un cappello e una sciarpa, un iPhone e un Nintendo 3D. È lontano anni luce dal tempo di Tranqui Funky («Era il 1996, quando il pubblico di massa, quelli che oggi ballano la Danza Kuduro, amava gli Articolo 31»). Sta sempre su Internet, ha quasi mezzo milione di «like» sulla sua pagina Fb, si definisce un esperto di Stati Uniti («Vado spesso a Jacksonville, Florida, la città d’origine di mia moglie Elaina»), il suo discografico lo definisce un uomo di marketing («Sa quanto vendono, come e perché, tutti i suoi colleghi»), ma soprattutto ha uno zoccolo duro di fan molto severi che adorano la sua musica «antagonista», quella del nuovo album Meglio Prima (?), dove canta con rabbia i suicidi in casema e i naziskin, Wikileaks e Bin Laden. «Ora che mi vedono con Pannella vedrai che si incazzano».

Perché?
«Nei miei pezzi demolisco tutti i politici, e, in effetti, di amici in politica non ne ho. Ma con il maestro la cosa è diversa, mi piace che agisca d’urgenza per ottenere un effetto immediato con i suoi scioperi».

 

«Maestro»?
«Marco, sì, uno da cui posso imparare. Siamo simili, in realtà, perché siamo scomodi. Io non faccio la musica che le radio vogliono, quella che seda la gente mentre fa la spesa e si fa inculare dai prezzi».

 

Nel 1994 in Ohi Maria cantava: «Voto Pannella».
«In realtà non l’ho mai votato, non ho fatto in tempo. Però, già da quei tempi c’erano stati dei contatti. In questi anni ogni tanto ci siamo incrociati».

 

Due anni fa aveva detto a Vanity Fair di essere anarchico. Poi, di recente, ha cantato per Mattia Calise, il candidato sindaco di Milano del Movimento Cinque Stelle.
«Sì, l’ho supportato, suonando per lui. Comunque, a conti fatti, sono stato anche due volte alla Festa della Polizia: mi hanno invitato loro. Ho cantato Ohi Maria in faccia al ministro La Russa. Lui ballava e batteva le mani. E pensare che quando, all’epoca, la cantammo a Domenica In, fece scandalo. Dissero che avrebbero indagato su di noi. I nostri telefoni erano controllati: poi hanno capito che erano quattro spini…».

 

Quando si è fatto la prima canna?
«A19 anni. Fino ai 18 non ho mai fumato una sigaretta né mi sono mai ubriacato».

 

In Musica da rabbia canta: «Mi basterebbero una giacca e una sciarpa per farmi promozione in televisione – chiacchierando con Don Mazzi sui giovani e le droghe – e dire che ho sbagliato». Vuole fare mea culpa?
«Al contrario: dico ai miei fan che sarò sempre coerente. Quando avrò il mio bambino, gli dirò di quanto ero fattone: non farò come Madonna che non fa guardare la Tv alla figlia per non farle vedere quanto era troia nel video di Like A Virgin. Insegnerò ai miei figli che, se hai valori giusti, puoi attraversare tanti tipi di esperienze e uscirne indenne. Spiegherò loro che cosa fanno certe sostanze. La realtà è che esistono droghe e non droghe, effetti diversi. Io parlo solo di canne, tutto il resto è merda: coca, eroina, acidi, pastiglie. La marijuana ti rende riflessivo, non violento. E poi c’è la self medication: io soffro di bipolarismo e ipertensione, lo psicologo nel 1993 mi prescrisse psicofarmaci ma io preferisco curarmi così. Fumo canne a ripetizione e questo mi ha reso più o meno una persona normale. Non a caso l’Arizona e altri Stati stanno legalizzando la medical marijuana».

 

Una volta ha dichiarato che sarebbe bello farsi arrestare per aver fumato uno spinello a Montecitorio. Perché?
«Fa ridere arrestare un quarantenne perché fuma delle canne… Maestro!».

 

Entra Pannella. Si abbracciano.

 

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J-Ax: «Dov’eri?».

Pannella: «A mangiare del riso. Da quando abbiamo sospeso lo sciopero della fame (durato dal 20 aprile a Ferragosto, con qualche interruzione, ndr), va così. Ieri ho mangiato quattro polpette… E mò, che dobbiamo fare? Intanto da adesso beneficerete tutti del “deodorante Pannella”». Agita la mano che regge un sigaro.

 

«Mi faccio il codino perché sennò i capelli ingialliscono, però l’odore è gradevole, no? È un toscanello alla grappa. Bene, facciamo le foto?». Si toglie la giacca e resta in camicia di jeans e bretelle.

 

J-Ax: «Tu ti spogli, io mi devo vestire!».

 

Inizia a cambiarsi. Vuole a tutti i costi mettersi una sciarpa al collo, come gli ha spiegato sua moglie, e consulta le foto sull’iPhone che gli ha fatto lei per essere sicuro di annodarla nel modo giusto. Dopo vari tentativi, è chiaro a tutti che è impossibile ottenere lo stesso risultato.

 

Pannella si spazientisce: «Che fai? Stronzo! Vieni qua!». J-Ax ride, ma ubbidisce. Dopo dieci minuti siamo seduti a chiacchierare.

Gli Articolo 31 avevano suonato a San Vittore nel 2001. Lei Pannella, quando ha iniziato a occuparsi di carceri?
«Appena sono diventato parlamentare, nel 1976. Ho iniziato ad andarci a Ferragosto, a Natale, a Capodanno, ero il cappellano delle carceri. Le ispezioni si potevano fare ma non le faceva nessuno, tranne quando in galera c’era l’amico importante. Insomma: uno schifo. Invece, quello è l’ambiente mio. I carcerati mi salutano: “Te ricordi all’Ucciardone? Te ricordi a Orvieto?”. I direttori delle carceri si meravigliano che resto sei, sette ore: di solito il politico fa una passeggiata di un quarto d’ora. Pure Vasco si è stupito…».

 

Vasco?
«Era stato arrestato alla fine degli anni ’80 per pochi giorni, e si è stupito nel vederci arrivare in carcere, non sapeva che lo facevamo sistematicamente. Da allora c’è una sorta di fedeltà a quell’incontro: sono 29 anni che prende la tessera dei Radicali ogni anno, quando va a trovare la mamma sull’Appennino, e manda la quota d’iscrizione con il bollettino. Ora si sono iscritti anche la moglie e il figlio».

 

C’è qualcosa ancora che la colpisce, quando entra in carcere?
«Sono ormai strutture da Shoah».

J-Ax:
«E ne entreranno sempre più, e stanno tutti dentro per il fumo. Lo dicevo prima, è ridicolo».

 

Al di là della solidarietà che le ha espresso il presidente della Repubblica, l’agenda del Parlamento è occupata da tutt’altre questioni: quante speranze ha che la sua protesta non violenta abbia successo?
P: «Nessuna, come sempre: e porta bene. Quando abbiamo deciso di partire con il divorzio ci dicevano: nessuna possibilità, in Italia c’è il Vaticano. Ora lottiamo per la riforma della giustizia e per la sua appendice carceraria. Abbiamo 9 milioni di processi civili e penali pendenti, oltre 67 mila detenuti per 45 mila posti letto, di cui il 44% in attesa di giudizio… E questi urlano: “Niente amnistia, la sicurezza…”».

 

J-Ax: «Cercano di iniettarti il germe della paura, così ti controllano meglio…».
P: «Eravamo al governo con Prodi quando nel 2006 strappammo l’indulto. Di Pietro andava in tutte le Tv a dire che era pericoloso per la sicurezza. Ma ora uno studio ci dice che i recidivi sono al 28% gli indultati, al 40% quelli che erano usciti per sconto di pena».

 

J-Ax: «Scusa se ci torno… Posso fare una domanda io? Quanti detenuti ci sono per reati in tema stupefacenti?».

 

P: «Circa 28 mila, più di un terzo».

 

J-Ax: «Ecco: quando si parla di amnistia si pensa sempre allo stupratore libero. Non alle 28 mila famiglie rovinate da una legge stupida come quella Fini-Giovanardi. Io, da cittadino che non ne capisce molto, partirei da questo…».
P: «Come non ne capisci? Testa di cazzo, voti Pannella e poi dici che non capisci? Stronzo! Tu sei un genio, sei… Te lo ridico: l’amnistia non è in contrasto con la sicurezza. Bisogna far passare il principio, poi si discute l’ampiezza, i reati da includere o escludere».

 

J-Ax: «Ti faccio la previsione? Dovessero legalizzare il consumo, in vent’anni si ridurrebbe rispetto a quello che c’è adesso: non ci sarebbe più morbosità verso ciò che è proibito. Io, dalle orge alla cannabis, ero curioso e ho provato…».

 

P: «Tu ti facevi le seghe… Disgraziato!».

 

Sia buono, non maltratti J-Ax: almeno le canzoni del suo seguace le ascolta?
«Io sono uno più da chansonnier, quello là, il belga… Brel. Poi c’è la musica degli amici, che ascolto per legame affettivo. De Gregori (che a Pannella ha dedicato Signor Hood, ndr), Vasco… E ora lui… Ma almeno lo conosco, quella che è morta di recente, come si chiamava? Ah sì, Amy Winehouse… Pare fosse brava, io l’avrò ascoltata un paio di volte».

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