Interrogazione a risposta scritta dell’On. Farina Coscioni al Ministro Sacconi
premesso che il quotidiano “Il Riformista”, nella sua edizione del 28 febbraio 2009 ha pubblicato un articolo della giornalista Serenella Mattera, nel quale tra l’altro si riportano le dichiarazioni del signor Nevio Minici, tetraplegico, affetto di una malattia che gli impedisce di muovere le braccia e le gambe:
«Non tutti sanno che la vita può diventare una questione di grammi o centimetri. I politici o gli amministratori sicuramente questo non lo sanno»;
che il signor Minici ha bisogno di una carrozzina e di altri ausili che gli permettano di essere autonomo, e se li è dovuti acquistare pagando quasi tutto di tasca propria. Il signor Minici ha deciso di sobbarcarsi la spesa e smetterla di aspettare che il governo si decida a rinnovare l’elenco delle protesi, delle carrozzine e di tutti gli altri ausili riconosciuti e garantiti dal Servizio sanitario nazionale: «La carrozzina costa intorno ai 3.200 curo e il cuscino contro le piaghe da decubito circa 600. Lo Stato mi ha passato per la carrozzina 1.650 euro e per il cuscino 200» racconta il signor Minici. «Uno come me che lavora, oltre a guadagnare soldi, autostima e dignità, versa le tasse. Ma ho deciso di pagare di tasca mia quello che non mi garantiva lo Stato, perché ausili più adatti alle proprie esigenze fanno la differenza tra lavorare e non lavorare, tra essere di peso ai propri familiari ed essere autonomi, tra prendersi delle soddisfazioni o deprimersi, insomma tra vivere e vegetare»;
il cosiddetto nomenclatore tariffario attualmente in vigore è stato redatto nel 1995 e varato nel 1999; si tratta di un nomenclatore ormai superato, obsoleto, la ricerca intanto è andata avanti, ora ci sono strumenti che consentono ai disabili di «vivere davvero liberi». Strumenti che lo Stato non paga, o paga in parte. Oppure, riferisce “Il Riformista”, li paga per intero solo perché qualche funzionario si assume la responsabilità di interpretare la legge piegandola alle reali esigenze del malato;
che il nuovo elenco è all’esame della conferenza Stato-regioni. Dopo dieci anni, ancora si discute;
che secondo l’autorevole opinione della dottoressa Maria Agati, presidente della Commissione studi e ricerche sugli ausili tecnici di Confindustria. «Il nomenclatore tariffario va sostituito al più presto, perché è basato su presupposti culturali del tutto sbagliati; l’ausilio tecnico prima era considerato un risarcimento riconosciuto dallo Stato al disabile ed era scelto con criteri opinabili. Invece rientrano nella categoria tutti quegli strumenti indispensabili per ottenere una vita adeguata»;
che il nomenclatore tariffario nel 2001 è stato inserito nei Lea, le prestazioni essenziali che lo Stato deve garantire a tutti, ma non è stato rinnovato;
che – anche se, come è stato annunciato e assicurato – nell’ambito della conferenza Stato-regioni per trovare l’accorso sul testo del nuovo nomenclatore varato dal governo, la parte tecnica è quasi ultimata e si prevede un’intesa entro un paio di settimane, ma resta aperta quella sulle risorse, perché, come sostiene Mario Romeri, coordinatore tecnico della commissione Salute che riunisce gli assessori regionali “è previsto un taglio drammatico per il 2010”;
che il 26 gennaio una delegazione dei 5mila malati italiani di Sla ha effettuato un sit in davanti al ministero della Salute per sollecitare il Governo a fare presto;
che questa inerzia grava in modo considerevole anche sulle casse dello Stato; risulta infatti che un corredo di ausili con alte performance per la gestione a domicilio di una persona con gravissima disabilità, costi dai 7 ai 13mila curo, che potrebbero essere risparmiati, garantendo al tempo stesso dignità al malato;
Quali urgenti iniziative si intendono promuovere e sollecitare perché la situazione riferita sia finalmente sanata.
Se sia in grado di fornire tempi certi per il varo del decreto sul nuovo nomenclatore.
Se sia in grado di riferire quante persone, affette da malattie simili a quella del signor Minici, siano state costrette, da questi intollerabili ritardi, ad acquistare di tasca propria carrozzine, cuscini contro le piaghe di decubito e gli altri ausili che pur riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale a causa di un nomenclatore superato, non vengono rimborsati o lo sono solo in minima parte.
Interrogazione a risposta scritta dell’On. Farina Coscioni
Al ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
premesso che il quotidiano “Il Riformista”, nella sua edizione del 1 marzo 2009 ha pubblicato un articolo della giornalista Serenella Mattera, nel quale tra l’altro si legge: “Quattro anni fa ho imparato a nuotare. Sono entrato in una piscina perché dovevo riabilitarmi, rimediare ai danni fisici che mi aveva causato una protesi obsoleta. La usavo perché era quel che passava la sanità italiana. E ne pagherò le conseguenze per il resto della mia vita. Così adesso per protesta nuoto. Nuoto per lunghi tratti, in mare aperto, nella speranza che qualcuno mi ascolti”. Salvatore Cimmino ha 44 anni, una moglie, un figlio,un lavoro in Finmeccanica. Insomma una vita normale. Se non fosse per il fatto che da ragazzo a causa di un tumore ha perso la gamba destra e da allora si scontra ogni giorno con una società e una politica che “sembra non abbiano proprio sviluppato i sensi per percepire le problematiche di noi disabili”. La barriera più alta che Salvatore ha incontrato sulla sua strada si chiama “nomenclatore tariffario” ed è l’elenco degli ausili e delle protesi che il Servizio Sanitario Nazionale riconosce ai disabili. Qual è il problema? Che quella lista risale al ’99 e “intanto la tecnologia si è evoluta. Ma lo Stato continua a fornire protesi che sono vecchie e spesso, come nel mio caso, dannose”. Perciò, da quando per curarsi ha dovuto imparare a nuotare, Salvatore non si è più fermato. Nel 2007 ha protestato facendo il giro d’Italia a nuoto. Da maggio sei tappe lo porteranno sulle coste d’Europa, “perché nel nostro paese per sollevare un problema servono gesti eclatanti. E spesso non bastano. Secondo fonti Inail, ogni giorno in Italia ci sono 147 nuovi disabili. Manca un censimento recente, ma si stima che in totale siano quasi tre milioni di persone. E per loro io chiedo maggiore sensibilità e che finalmente la politica si decida e approvi il nuovo nomenclatore”. Fino al 2005 Salvatore si è accontentato della protesi che gli passava lo Stato. “Leggevo sulle riviste delle evoluzioni della ricerca tecnologica, dei nuovi ausili elettronici e speravo che le ASL dessero anche a noi, Ma non è mai successo”. La regione Lazio, dove Salvatore vive, gli aveva fornito una protesi scheletrica (“in titanio alluminio, con rivestimento di gommapiuma. Roba da anni ‘80”). Però ha iniziato ad avere problemi a stare a lungo in piedi, a soffrire di fitte alla schiena causate proprio da quella protesi, che lo costringeva a movimenti poco naturali. Solo allora gli è stato riconosciuto un ausilio di nuova generazione, uno di quelli elettronici che aveva a lungo atteso, senza poterselo permettere. “Era però un’eccezione alla regola, che ancora costringe migliaia di disabili, quelli che non possono pagare di tasca propria, ad accontentarsi di strumenti superati”. Nevio Vinci, che non può muovere braccia e gambe a causa di una tetraplegia, conosce il problema per esperienza personale e per mestiere. Vende articoli per la riabilitazione nel centro Italia e assicura che ci sono “aziende straniere che procurano appositamente materiale di qualità inferiore per potersi aggiudicare le gare da noi. Ne ho la certezza”. Colpa, lamentano i disabili, del nomenclatore mai aggiornato, e di una mentalità che punta al risparmio. Anche se p dimostrato che alla lunga si paga un più alto costo sociale. CGIL stima in 550 mila i disabili che se messi in condizione, lavorerebbero., E Cimmino ricorda uno studio fatto dall’Università Bocconi nel 2004, in base al quale i dispositivi elettronici in partenza costano di più (“il mio circa 30mila euro, riabilitazione compresa”), però poi fanno risparmiare: perché il disabile riesce a muoversi meglio e perché il mio fisico subisce danni minori e si stanca meno, anche sul lavoro. “Senza considerare il guadagno il termini di dignità della persona”. Il nuovo nomenclatore tariffario, in realtà, è pronto. E’ stato redatto, ma non è in vigore, perché attende il via libera della conferenza Stato-regioni…”.
Per sapere:
a) se quanto riferito dal “Riformista” corrisponda al vero; e in caso affermativo se non ritenga incivile la situazione sopra descritta, e quali siano le iniziative che si intendano promuovere e sollecitare;
b) se quanto denunciato dal signor Salvatore Cimmino sia vero, e in particolare se al ministro risulti che al signor Cimmino sia stata fornita una protesi vecchia e nel suo caso dannosa, che gli ha procurato gravi e dolorosi danni fisici;
c) se sia vero che manca un censimento recente che possa consentire di conoscere quante siano le persone che, come il signor Cimmino hanno necessità di protesi, strumenti e ausili riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale;
d) se sia vero che, come sostiene il signor Cimmino, vi siano aziende straniere che producono appositamente materiale di qualità inferiore per potersi aggiudicare gare da noi; in caso affermativo quali sono queste aziende straniere, e quanto ammontino le offerte che hanno consentito loro di aggiudicarsi le gare; e in quali regioni; e comunque se non si ritenga di dover promuovere un’inchiesta amministrativa per accertare eventuali irregolarità nell’assegnazione dei citati appalti;
e) Se sia in grado di fornire tempi certi per il varo del decreto sul nuovo nomenclatore.
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