In ricordo di Gianni Giansanti
Alcuni dei più bei ritratti di Luca hanno la sua “firma”; lavorò, quel giorno, con passione e professionalità. Parlava, faceva domande, voleva sapere, e intanto cercava la migliore luce, “spiava” il momento più adatto, l’espressione da “catturare”, e da cui il lettore poi potesse comprendere. Fu molto paziente, tranquillo, sapeva come mettere a proprio agio, alla fine quasi non ti accorgevi della macchina fotografica; ed era meticoloso, apparentemente svolgeva il suo lavoro con “leggerezza”, sembrava sapere fin dal primo momento che cosa voleva, che risultato si poteva raggiungere: un qualcosa di “naturale” che in realtà era il frutto di una lunga gavetta, anni e anni di certosino lavoro.
Sto parlando di Gianni Giansanti, venuto un giorno a “raccontare” la storia di Luca e mia. A un certo punto disse una frase che lì per lì mi parve un paradosso: “Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono”. Aveva ragione, e non è un paradosso: la maggior parte degli articoli si scorrono distrattamente, spesso basta il titolo, i primi capoversi. Una fotografia invece può valere quanto e più di un articolo di fondo. Certi ritratti, certe fotografie di Luca sono veri editoriali. “Raccontano” di lui, della sua malattia, le sue speranze, la sua determinazione, la sua sofferenza…Fu sempre lui, anni fa, a realizzare la copertina del “Magazine” con il mio ritratto, per illustrare la storia di una battaglia, di un impegno che è riassunta in uno degli slogan più belli e significativi di questi anni: “dal corpo del malato al cuore della politica”.
Ho letto in questi giorni molti articoli che lo ricordano, con accenti di sincera ammirazione per le sue capacità, e l’autentica commozione che si prova quando una persona cara ci lascia. Di amici doveva averne tanti, Giansanti; chi “legge” le sue foto capisce perché.
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