Hawking: “Volevano staccarmi dalle macchine,ma mia moglie ha detto no all’eutanasia”
LONDRA – “Signora Jane. La situazione è serissima e c’è poco da fare. Basta che lei ci dica sì e noi stacchiamo le macchine”. Di buchi neri si è occupato, da scienziato, per tutta la carriera. Ma quello più scuro – destinato a mangiarsi non la luce o la massa di una qualche galassia lontana anni luce da noi, ma la sua stessa vita – Stephen Hawking l’ha incontrato, e molto da vicino, nel 1985. E oggi, quasi trent’anni dopo, ha deciso – in un documentario e in una biografia in uscita tra pochi mesi – di svelare al mondo, dopo i segreti di stelle e via Lattea, anche i lati più nascosti del suo piccolo universo personale, compresa la “quasi morte” di allora. “Ero a Ginevra, in coma farmaceutico per provare a curare una polmonite, figlia della atrofia muscolare progressiva che mi ha ridotto in carrozzella – racconta per la prima volta nel documentario “Hawking”, in uscita nelle prossime settimane – I medici pensavano che ci fosse poco da fare. E così hanno offerto a mia moglie (la prima, Jane Wilde, ndr) la possibilità di farla finita”. Lei, per fortuna sua e della scienza, ha detto di no. “Ha voluto a tutti i costi che tornassi a Cambridge”. Lì gli hanno praticato un’incisione in gola “che mi ha rubato per sempre la possibilità di parlare ma mi ha fatto guarire”. Consentendo al geniale cosmologo inglese di completare nel 1987 A brief History of time (in italiano Dal Big Bang ai buchi neri), il libro che con 10 milioni di copie vendute in 40 lingue differenti l’ha reso famoso in tutto il pianeta.
L’articolo intregrale su Repubblica in edicola a pagina 25 (29 luglio 2013)
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