Chi sta con il Pd e chi con il Pdl. Radicali liberi, ma Pannella li considera sempre suoi
Pier Luigi Bersani e Marco Pannella si vedranno domani, mercoledì al più tardi. L’incontro più volte rinviato sembra vicino dopo le ultime dichiarazioni del leader storico dei radicali. «Fino alla fine e fino all’ultimo minuto utile, anche durante le votazioni, cercheremo di tenere presente, oltre il testo anche il contesto: per almeno ridurre l’intollerabile, l’infame. Liberi di valutare. Insomma niente trattativa», ha detto Pannella precisando che “i suoi” deputati saranno «coerenti nel ritenere necessario e utile a tutti il dialogo».
Dunque l’incontro con il leader Pd è stato fissato, ma ciò che il leader radicale auspica è anche un ritorno al dialogo con Silvio Berlusconi. «Lui ha sempre rifiutato», racconta. Del resto il rapporto tra i due non è mai stato dei più semplici e, politicamente parlando, a Pannella non ha mai portato granché bene. Alle politiche del ’94 il fondatore dei radicali pensa a un’alleanza politica con Berlusconi, ma la sua lista non supera il 4 per cento e Pannella resta fuori dal Parlamento. Il centrodestra vince le elezioni, Emma Bonino viene nominata commissario europeo. Anche nel ’96 la lista pannelliana non passa la soglia di sbarramento.
Oggi, dopo diverse scissioni e rotture traumatiche (come quella tra Pannella e Capezzone), i radicali, ex e no, sono divisi, un po’ con il Pdl, un po’ con il Pd. Nel 2008 sono stati eletti tra i democratici: Emma Bonino, Marco Perduca e Donatella Poretti al Senato; Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Maurizio Turco ed Elisabetta Zamparutti alla Camera.
Tra le file del Pdl militano (da ex radicali) il portavoce Daniele Capezzone, Elio Vito – ministro per i rapporti con il Parlamento, Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella – sottosegretario al ministero della Salute -, Giuseppe Calderisi, Giorgio Stracquadanio e Mario Pepe.
E poi ci sono figure che hanno fatto strada, sempre politicamente parlando, in grandi partiti per poi fondare un loro movimento. È il caso di Francesco Rutelli, giovanissimo segretario del Partito radicale nel 1980, parlamentare, poi fondatore della Federazione dei Verdi, quindi leader della Margherita e, abbandonato il Pd, promotore di Alleanza per l’Italia. Ma c’è anche Benedetto Della Vedova, che ha lasciato il Pdl per Futuro per l’Italia di cui è tra i fondatori. Già segretario nazionale del movimento dei Club Pannella Riformatori e poi dirigente della Lista Pannella, lascia i radicali italiani per fondare con Marco Taradash, Carmelo Palma e Peppino Calderisi i Riformatori Liberali, nel 2006 è eletto alla Camera dei Deputati nel gruppo di Forza Italia, poi ricofermato nel 2008 per il Pdl.
Le posizioni più delicate, in vista del voto di sfiducia di martedì 14 dicembre, sono quelle dei deputati radicali eletti nelle liste del Pd. Bersani è convinto che l’incontro con Pannella non verterà su una trattativa per convincere i sei deputati radicali, eletti nel Pd, a votare la fiducia ma su temi al centro della battaglia radicale, come la giustizia e la situazione nelle carceri. E l’obiettivo del segretario Pd è spiegare che, solo staccando la spina al governo Berlusconi, si può aprire con un esecutivo di transizione una fase nuova che può portare a riforme per il paese.
Del fatto che molti guardino «solo al pallottoliere» si lamenta Emma Bonino. «Avendo chiarito dall’inizio che non ci sono 6 voti all’asta e che non stiamo parlando di mercimonio, occorre parlare del dopo 14 dicembre, perchè i problemi fondamentali di questo Paese restano anche dopo, a partire dalla giustizia», dice la vicepresidente del Senato. Che spiega così le parole di Pannella: «Marco sta cercando di dire che la vita non finisce il 14 dicembre e che in realtà il problema è fissarsi su alcune emergenze e riforme da fare in questo Paese». Insomma, i radicali dice Bonino sono «interessati a dialogare con chiunque», anche perché «l’obbiettivo di tutti questi strateghi della crisi è un Berlusconi bis che allarghi la maggioranza all’Udc, mentre nessuno vuole elezioni, a parte Bossi e Berlusconi, e noi abbiamo sempre coerentemente detto che sarebbero state nefaste».
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