Ancora un caso di emigrazione per il diritto di decidere della propria vita

Per porre fine alle sue sofferenze senza scopo e senza speranza Vittorio Bisso, consigliere comunale dei Comunisti italiani a Dolo è dovuto anche lui emigrare, andare in quella Svizzera dove chi ritiene non vi sia più altra speranza che la morte, trova sollievo, comprensione, assistenza. “Voglio decidere della mia vita”, amava dire Bisso. Questa è la nostra parola d’ordine, la parola d’ordine dell’Associazione Luca Coscioni.

Bisso, malato di Sla ha lottato e si è impegnato finché ha potuto, fino a quando ha ritenuto che ne valesse – letteralmente – la pena. Poi ha preso l’unica strada che a una persona nel suo stato l’ipocrisia nazionale impedante nel nostro paese consente.

E’ un diritto incontestabile quello di una persona colpita da una malattia neurodegenerativa grave, di rifiutarsi di trasformarsi in un vegetale e porre fine alle sue sofferenze. Va rispettato e tutelato ogni credo, ogni opinione, ogni convincimento. Proprio per questo va rispettato anche il diritto di quanti non intendono sopportare se non entro i limiti che pongono loro stessi, quelle sofferenze, fisiche e morali che colpiscono nella dignità e la privano. Vicende come questa di Bisso ci rafforzano in quella che è la ragione costituitiva stessa dell’Associazione Luca Coscioni: da una parte lottare per assicurare la libertà di ricerca scientifica; dall’altra garantire e offrire strumenti concreti e pratici perché l’autodeterminazione della persona non subisca limitazioni e vincoli dovuti a dogmi e credenze certamente rispettabili ma che attengono a una sfera individuale.

Rinnovo la mia richiesta perché, almeno, si predisponga un’inchiesta conoscitiva: quanti sono i casi come quello di Vittorio Bisso? Quanti sono i “cammini della speranza” verso la Svizzera per poter esercitare con dignità e rispetto quel percorso definitivo che in Italia una morale codina e totalitaria consente, ma solo nella clandestinità e purché non si dica? Perché si ha il timore di conoscere le dimensioni del fenomeno “eutanasia” in Italia, che a parole viene negata ed è a tutti gli effetti, un’eutanasia di massa, clandestina e di classe? A questa ipocrisia inaccettabile, noi diciamo no.

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