Non dimenticare la lezione di Fabo

Di Maria Antonietta Farina Coscioni, da L’Unità del 22 marzo 2017.  Non dimenticare la lezione di Fabo

La decisione spetta solo al malato: chi accetta i trattamenti va assistito ma chi li rifiuta deve poter morire con dignità
Mi ha molto colpito quello che ha detto il portavoce della curia milanese don Davide Milano a proposito della preghiera per Dj Fabo nella parrocchia di Sant`Ildefonso: «Non sarebbe la chiesa di Papa Francesco se non si pregasse per il dolore». E ha aggiunto: «È un gesto di cristiana compassione, e di preghiera. Sarebbe triste se si speculasse su questo…». Come non essere d`accordo, con don Milano?

Tuttavia… Fabo, «prigioniero» senza speranza di poter uscire dalla «notte senza fine» in cui era precipitato, lucidamente, coscientemente ha deciso di porre fine alla sua nonvita. Poteva scegliere strade più “discrete”; farsi accompagnare “altrove” nello stesso modo che usano tanti: andare nella clinica svizzera come ha fatto Lucio Magri, di cui si è saputo dopo; e come decine di italiani fanno ogni anno, senza lasciare traccia o ricordo se non nelle persone che hanno amato e da cui sono state amate.

Oppure avrebbe potuto trovare mani pietose disposte, anche in Italia, ad aiutarlo nell`ultimo viaggio, unica condizione il silenzio: avviene tutti i giorni, negli ospedali e nelle cliniche, è l`ipocrita legge del «si fa, ma non si dice».

Avrebbe potuto fare come Dino Bettamin, settantenne di Montebelluna, da cinque anni malato di Sia: rifiutare qualsiasi trattamento, compresa la nutrizione artificiale; avrebbe potuto dire: «Voglio dormire, fino all`arrivo della morte, senzapiù soffrire». Perché un paziente lo può dire: «Basta con i farmaci e tutto il resto; lenite il mio dolore, e idratatemi». E questa sua volontà deve essere rispettata, garantita. Una persona dì grande competenza scientifica e sensibilità umana, il professor Mario Sabatelli dell`Ospedale Gemelli di Roma, ci ricorda che il rifiuto delle cure è una questione di buona prassi medica. Le leggi e iP codice deontologico lo consentono. Anche il Magistero della Chiesa è chiaro: non c`è un diritto dí morire ma sicuramente un «diritto a morire in tutta serenità, con dignità umana e cristiana».

La decisione spetta solo al malato. È lui il dominus: può valutare se la ventilazione meccanica è trattamento proporzionato alla propria condizione e quindi non lesivo della propria dignità di vita.

Chi accetta i trattamenti ha diritto ad essere assistito, aiutato dalle istituzioni

Chi rifiuta ha diritto a morire con dignità. È quella che chiamo la «via italiana». La scelta, ripeto, di tanti; una scelta che va rispettata, non giudicata; al pari della scelta di Fabo. Prima di lui, Dominique Velati, 59 anni, infermiera, residente a Borgomanero, alle spalle una lunga, dolorosa, inutile lotta contro un cancro al colon. Dominique, da sempre impegnata nelle battaglie civili del Partito Radicale, una domenica di dicembre, ha scelto di “andarsene” in Svizzera.

Anche lei, come Fabo, ha reso pubblica la sua decisione per sensibilizzare l`opinione pubblica: «Parliamone! Parliamone! Parliamone! La vostra vita vi appartiene, e quindi anche la morte. Perché averne paura?», questo il suo ultimo messaggio. Pochi lo hanno voluto raccogliere. Tanti hanno avuto paura. Nessuna speculazione, come invoca don Milano; eppure è innegabile che Fabo, morendo come è morto voleva la stessa cosa di Dominique: «Parliamone! Parliamone!».

Parliamone come sempre ci esortava a fare Marco Pannella: «La parola che si ascolta e che si dice, i racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, si fanno quando si vuole essere onesti ed essere davvero capiti…».

Ovunque, e certo: anche in parrocchie come quella di Santlidefonso. Si avrà la sorpresa (non sorprendente) di scoprire un popolo di credenti misericordiosi, comprensivi, rispettosi. È accaduto tante volte, accadrà ancora: sapranno e vorranno condividere le parole e i discorsi della gente comune che siamo. Se poi ci saranno anche gli uomini e le donne delle istituzioni, del Potere e dei Poteri, accorsi anche loro per ascoltare, tanto meglio.

Finalmente, si potrà dire, che da tanto, troppo tempo sono assenti, indifferenti, “lontani”, timorosi di uno “scandalo” che è tale solo per ipocriti: l`uomo non è angelo né bestia, ci ricorda Pascal; «e disgrazia vuole che vorrebbe far l`angelo, ma fa la bestia». Credenti e laici saranno d`accordo in quel passaggio del Vangelo di Luca: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato».

A quanti solo ora sono accorsi alla cerimonia per Fabo, vorrei, sommessamente, rivolgere un invito alla prudenza: il rischio di voler essere angeli e dunque far le bestie, è incombente, lo corriamo tutti; senza alcun intento inquisitorio, chiedo: dov`eravate, prima del caso di Fabo?

Nei giorni della pena e della sofferenza di Luca Coscioni, Eluana Englaro, Piergiorgio Welby, di tutti gli altri senza nome e senza volto, quanti momenti di “preghiera” avete trovato? E se non li avete trovati, perché? In cos`altro eravate occupati? Perché solo ora? E ora, finito il «momento di raccoglimento e di suffragio», cosa intendete fare? Perché quella che urge, è una concreta, fattiva assunzione di responsabilità.

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