CARI AMICI, VI RACCONTO IL MIO DISAGIO POLITICO E UMANO

“Il Garantista” mi chiede un commento sull’ultimo congresso dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca riunitosi a Roma dal 19 al 21 settembre. Oltre che co-fondatrice dell’Associazione assieme a mio marito Luca, ormai dodici anni fa, ne sono stata dirigente (co-presidente e presidente onoraria), e in Parlamento, assieme agli altri deputati radicali, ho cercato di dare voce e corpo alle istanze e agli obiettivi politici che l’associazione via via assumeva per dare concreta attuazione a quel felice slogan, più che mai attuale: “Dal corpo del malato al cuore della politica”.

Da domenica scorsa, lo dico per un dovere elementare di onestà nei confronti del lettore, non ricopro più alcuna carica, nell’ambito dell’associazione; per mia esplicita volontà ho rifiutato gli inviti che pure mi sono stati rivolti per ricoprire un qualche ruolo di “governo” dell’associazione. Ho preferito tornare a essere una semplice iscritta. Ho dunque cessato di credere in quello in cui ho sempre creduto e per cui mi sono battuta per oltre dieci anni? No, certamente. Continuo a credere come sempre che una persona sia titolare della facoltà di poter scegliere come e quando vivere, come e quando decidere di non vivere più; credo sia giusto, necessario, utile e prezioso assicurare la libertà di ricerca, e tutte le cose che costituiscono gli elementi fondanti e fondativi dell’associazione. E allora? Allora accade nella vita, a volte, di non “ritrovarsi” più, di dover prendere atto che quella che si ritiene essere la stella polare che guida le nostre azioni e il nostro “fare” non è condiviso da coloro che fino a ieri ritenevi tuoi compagni; accade di accorgersi che è venuto meno quel “comune sentire” grazie al quale un semplice gesto come una carezza appena accennata vale più di un discorso di ore…Accade di dover prendere atto che pur condividendo tutto o buona parte di un programma di iniziative e lotte politiche, c’è comunque un senso di “estraneità”, perché c’è un non detto che comunque nei fatti è esplicito, chiaro, palese…Chiamala, se vuoi, mancanza di fiducia, ma se qualcuno giunge al punto di dire che stai speculando col nome di Luca e nessuno insorge dicendo: “Che stai dicendo?”, beh, allora significa che qualcosa si è rotto, e i cocci, per quanto si sia abili nel ricomporli, sempre cocci restano. Allora, meglio un passo indietro, o quantomeno un fermarsi per un momento sul ciglio della strada, prendere fiato, riflettere, cercare di capire.

Ho sottomano la mozione che al termine dei lavori congressuali è stata approvata praticamente all’unanimità. Vi si può leggere di un ribadito impegno a favore della abrogazione della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita; per la legalizzazione dell’eutanasia e la possibilità di poter effettuare un testamento biologico; l’annosa questione del nomenclatore e sia finalmente rispettato quell’impegno che tutti i governi da anni assumono e clamorosamente disattendono; e ancora: la rimozione di quegli innumerevoli ostacoli che i disabili incontrano sul loro cammino e impediscono di poter vivere una vita decente; la questione della sperimentazione animale, ancora oggi, piaccia o non piaccia, indispensabile ai fini di una ricerca responsabile; la lotta contro la demonizzazione degli OGM, per la cannabis terapeutica…C’è davvero tutto il vasto catalogo delle lotte e dell’impegno che ha visto e vede l’associazione in prima fila, in quel documento. E allora?

Allora, per esempio, mi colpisce che in quel documento non sia citato, una sola volta, il nome di Luca Coscioni; ma non compare neppure quello di Piergiorgio Welby, o dei tanti che hanno dato letteralmente il corpo, il loro corpo, la loro anima, il loro sapere, il loro volere, a questa associazione. Si dirà che è implicito, sottinteso, un’omissione non voluta, un errore involontario. Appunto: “non voluto”, “involontario”, “sottinteso”, “implicito”… Ritengo invece che quello che si dà per scontato non lo sia affatto, che quello che si dà per implicito debba invece continuare a essere esplicitato, urlato, ricordato. Perché silenzio equivale a perdita della memoria, perdere la memoria significa sacrificare la nostra storia, sacrificare la nostra storia significa smarrire il senso di quello che siamo e vogliamo essere.

Tra i mille scritti di Luca, che dovrò pur decidermi a riordinare ed è cosa che cercherò di fare attraverso lo strumento dell’Istituto che ho intenzione di costituire, ne ho trovato uno che mi è particolarmente caro, e che ho letto anche al congresso, parte integrante del mio intervento: “Io voglio che l’Associazione sia una associazione solo Politica. Non voglio la Fondazione, Onlus…la Associazione nasce come soggetto politico e così deve morire. Luca”.

Io continuo ad avere la stessa convinzione di allora: la associazione come soggetto politico. C’è chi può considerare queste mie riflessioni delle mere formalità, rispetto alla sostanza di campagne politiche importanti, che spesso si affermano e risultano vincenti. Io sono convinta che mezzi e fini non possano essere disgiunti, e che badare alla sostanza delle cose a discapito della loro forma sia uno sfregiare grave alla sostanza e alla forma di queste cose. Al congresso ho cercato di argomentare i miei dubbi e le mie perplessità, e in passato, da parlamentare, ho fatto tutto il possibile, per scardinare, con motivazioni politiche, le logiche di quel sistema partitocratico creatore di associazioni clientelari, a volte fantasma, di associazioni il cui fine e scopo era solo quello di succhiare denaro pubblico e garantirsi una mera sopravvivenza… Evidentemente non sono stata convincente come avrei dovuto essere; il mio “dire” non è stato condiviso, il mio allarme ritenuto infondato. La decisione logica e conseguente è stata quella di non accettare di condividere responsabilità di gestione dell’associazione.

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