Eterologa, il governo può risolvere in fretta, se vuole

È confortante che per una volta non si parli delle regioni come centrali di scandali, mala-gestione del pubblico denaro, peculati, e quant’altro. Accade che i governatori delle regioni si riuniscano in conferenza, e rapidamente approvino all’unanimità le linee guida sulla fecondazione eterologa che già erano state varate dagli assessori regionali alla salute. Una legge profondamente crudele e radicalmente sbagliata.

La cosiddetta legge 40, fortissimamente voluta dalla componente più clericale del centrodestra, prima viene smantellata articolo dopo articolo, dalle giurisdizioni e dalle corti di giustizia chiamate a valutarne la costituzionalità (che non c’è, come facilmente si può rendere conto anche un profano, digiuno di diritto). Poi, il ministro della salute Beatrice Lorenzin faticosamente mette nero su bianco un decreto legge sostitutivo, dopo aver raccolto il parere di esperti riuniti in un tavolo tecnico.

In sede di consiglio dei ministri viene subito stoppata, con motivazioni non chiare, dal presidente del consiglio, secondo il quale questa non è materia dell’agenda “passodopopasso”, ma del parlamento. Una cosa  che potrebbe essere l’anno del mai e il giorno del quando, visto che è letteralmente ingolfato da provvedimenti urgenti che da mesi attendono di essere approvati pena la loro decadenza.

Per fortuna sono intervenute le regioni, e, sempre per fortuna, l’apripista è stato il governatore della Toscana Enrico Rossi, che ha dimostrato anche in passato una sensibilità non comune su questioni come le carceri, la giustizia, i diritti civili. «La sentenza della Corte costituzionale è chiarissima e sostiene che non c’è un vuoto normativo», dice Rossi, e io sono d’accordo con lui: «Non occorre una legge per attuare l’eterologa su tutta Italia: sono più che sufficienti le decisioni prese dalle regioni».

Il presidente della conferenza delle regioni Sergio Chiamparino  parla di «un impegno di grande valore politico ed etico» e opportunamente sottolinea come oramai non vi sia più nessuno ostacolo di natura tecnica, politica ed etica. E il ministro della salute, stoppata dal presidente del consiglio e di fatto bypassata dalle regioni? Si dice del tutto d’accordo a che la fecondazione eterologa sia inserita nei Livelli essenziali di assistenza.

Ma qui ecco che si apre un altro capitolo: i Lea da anni attendono di essere aggiornati. Quando, finalmente, lo saranno? La materia, a ogni modo, necessariamente andrà regolamentata con un ticket da definire sulla base dei costi. Se il governo non vuole provvedere, lo dovrà fare il parlamento, con i suoi tempi.

Certamente si possono meglio normare i limiti di età del donatore esterno di ovuli o spermatozoi e delle donne “riceventi”; e si può anche discutere l’età in cui una persona ha la libertà di conoscere chi sia il suo genitore biologico; perché si deve aver compiuto il venticinquesimo anno di età, se per tutto il resto si è maggiorenni a diciotto? E anche se sia giusto o no che occorra il preventivo assenso del donatore. Ma su questi aspetti si vedrà.

Il ministro Lorenzin ci fa sapere che «le regioni fanno bene a lavorare insieme per trovare una linea comune ma una legge è necessaria», e auspica che il lavoro parlamentare sia veloce.

Mi permetto di dire che un auspicio è poco. E che dal ministro della salute è lecito attendersi, nel concreto, di più. Dopo gli assurdi, punitivi divieti previsti dalla legge 40 non ci possiamo permettere il lusso di continuare a restare impantanati nello stagno degli auspici e delle promesse.

Le regioni ci hanno dimostrato che se si vuole, si può. Ora tocca al governo e al ministro dimostrare che possono; e siccome possono, devono.

 

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