Modifiche alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, per la liberalizzazione del lavoro a domicilio (262)
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 262 |
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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge si prefigge, con interventi di abrogazione parziale della legge n. 877 del 1973 – fermo restando, nel rispetto delle convenzioni internazionali intervenute in materia, il generale principio di non discriminazione e di parità di trattamento in favore dei lavoratori a domicilio – di liberalizzare il lavoro a domicilio, estendendo allo stesso la disciplina del lavoro subordinato nell’impresa, secondo la norma generale di cui all’articolo 2128 del codice civile. La disciplina speciale del lavoro a domicilio è ormai divenuta anacronistica, in quanto determina un irrigidimento del mercato del lavoro che va a danno innanzitutto dei più bisognosi, dei giovani e delle donne. Le misure che qui si propongono non incidono sull’articolo 1 della legge n. 877 del 1973, concernente la definizione del lavoro a domicilio, né sull’articolo 9 della stessa legge, che, al primo comma, richiama l’applicazione della normativa vigente in materia di assicurazioni sociali e di assegni familiari, ad esclusione dell’integrazione salariale. Ferma restando l’assoluta, drammatica
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urgenza di un intervento complessivo sul sistema degli ammortizzatori sociali, non si determina, dunque, alcuna riduzione degli attuali livelli di tutela. Restano garantite l’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia e per la tubercolosi, ai sensi del secondo comma dell’articolo 37 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 1936, n. 1155, nonché l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
La presente proposta di legge prosegue una storica battaglia dei radicali, che per la liberalizzazione del lavoro a domicilio promossero con successo, nel 1999, una proposta di referendum abrogativo popolare, sulla quale tuttavia la Corte costituzionale, con la sentenza n. 49 del 2000, si pronunciò – contro la Costituzione che avrebbe dovuto difendere – per l’inammissibilità, impedendo ai cittadini italiani di esprimersi in merito.
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PROPOSTA DI LEGGE
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