Martini, il saluto di Milano È scontro sul «no» alle terapie

MILANO Sotto la pioggia, in un’atmosfera di grande tristezza e commozione, ieri migliaia di milanesi hanno voluto «salutare» di persona il cardinale Carlo Maria Martini, che ha guidato la diocesi dal 1979 al 2002 e che è sempre stato molto amato. I fedeli hanno sfilato in Duomo per tutta la giornata e nella notte si è svolta una veglia di preghiera. I funerali, domani alle 16, saranno officiati dal cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Ma anche in un momento come questo, che il cardinale Scola ha definito di «silenzio e riflessione», non si placano le discussioni sul no all’accanimento terapeutico che ha posto fine alle cure che tenevano in vita il porporato. «Credo che dopo averci insegnato molto sul significato della vita, il cardinal Martini abbia voluto insegnarci molto anche sul significato della morte», ha commentato l’oncologo Umberto Veronesi, aggiungendo che «quando una medicina tecnologica che cura di più ma di più non sa guarire, si ostina (qualcuno dice si accanisce) a intervenire con trattamenti che non hanno altro effetto se non prolungare una sofferenza e un’esistenza che non è più definibile come vita. In questo momento, ha dichiarato e scritto Martini, è lecito per ogni uomo, credente o non credente, rifiutare le cure eccessive. Così ha fatto quando è toccato a lui decidere, con coerenza, e con quel coraggio che viene dalla libertà del pensiero», ha sottolineato l’ex ministro della Sanità. La Chiesa intanto si schermisce: «Un paragone del tutto arbitrario e per nulla fondato, né medicalmente né moralmente», quello tra il cardinale e i casi di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, ha detto monsignor Roberto Colombo, docente alla Facoltà di Medicina dell’Ospedale Gemelli di Roma, commentando il grande rilievo dato da stampa e tv sul rifiuto del cardinale, a metà agosto, di essere alimentato tramite sondino dopo che l’ultima crisi l’aveva reso non più in grado di deglutire cibi, nè solidi nè liquidi. Una scelta determinata dall’avvicinarsi ormai imminente della morte di cui Martini era pienamente cosciente. Su questa scelta sono in corso delle «strumentalizzazioni per fare un paragone che non regge, con gli stati vegetativi, confondendo eutanasia con accanimento terapeutico», afferma Raffaele Calabrò, medico, senatore del Pdl e relatore del disegno di legge sul biotestamento. «Io penso», spiega, «che la scelta del cardinale Martini sia assolutamente in linea con quello che non solo la nostra Costituzione afferma in maniera molto evidente, ma anche il ddl sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento; cioè la libera possibilità di scelta da parte di ciascun paziente di poter scegliere le cure che possono intervenire sulla propria patologia». Secondo l’associazione Luca Coscioni, «è stata giustamente rispettata» la volontà del porporato. Maria Antonietta Farina Coscioni precisa che «nel caso specifico avrebbe comportato l’applicazione di un tubo per l’alimentazione artificiale inserito nell’addome (PEG), e nel sondino naso-gastrico». Una decisione che non sarebbe stata rispettata, secondo i radicali, se fosse stata in vigore la norma sul biotestamento, che avrebbe delegato al medico la decisione.

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